Álvaro Morata e Sara Carbonero, campioni di coraggio e verità
Il capitano della Spagna campione d'Europa e la bella giornalista si sono raccontati senza nascondersi: lui ha parlato della sua depressione, lei del suo cancro. La reazione affettuosa e inaspettata
Questa è cosedispagna, una newsletter di cadenza settimanale in cui racconto la Spagna che mi colpisce e che difficilmente trova posto sui media italiani.
Oggi parliamo delle emozioni suscitate da Álvaro Morata e da Sara Carbonero, che hanno raccontato le loro sofferenze e il loro dolore senza nascondersi, guadagnando affetto e chissà se maggiore comprensione sul lungo termine.
Álvaro e Sara: la verità del dolore, che lascia senza difese
In questi giorni la Spagna si è emozionata per i racconti di vita di due dei suoi volti più popolari. Álvaro Morata è il capitano della Selección, la nazionale che ha vinto l'Eurocopa, i Campionati Europei, lo scorso luglio. Sara Carbonero è stata una delle giornaliste sportive più popolari, ex moglie di un altro capitano della nazionale, quell'Iker Casillas che ha sollevato l'Eurocopa nel 2008 e nel 2012 e la Coppa del Mondo nel 2010. Entrambi hanno toccato le corde più emotive del Paese, parlando del loro dolore e delle loro sofferenze. Sarebbe una sorta di Anche i ricchi piangono, non fosse che chiede conto un po' a tutti del proprio comportamento.
Morata è un calciatore strano: il campo parla a suo favore, per numero di gol, assist e ruolo da regista, le curve non vedono l'ora di poter iniziare cori per deriderlo e attaccarlo. Capita che sbagli un tiro o un rigore e sono insulti pesantissimi. Durante gli Europei mi è capitato di leggere una sua intervista a El Mundo in cui esprimeva tutto il suo malessere per il comportamento dei tifosi e ipotizzava un trasferimento all'estero, per garantirsi un po' di serenità. Non ho mai seguito Morata, se non attraverso Hola, quindi ho in mente più le foto con sua moglie Alice e i loro gemelli in piazza San Carlo, a Torino, che i suoi gol. Ma da quell'intervista lo seguo di più, perché tendo a essere attenta agli effetti dell'odio sulle persone famose. Poche settimane dopo quell'intervista e la vittoria della Spagna agli Europei, Álvaro ha annunciato il trasferimento al Milan e, soprattutto, la separazione da Alice Campello, dopo otto anni e quattro figli. Apriti cielo, gli insulti che entrambi si sono presi, per aver venduto per anni il matrimonio felice che non erano (il concetto dovrebbe essere: come te, pubblico nei social quello che mi pare, se tu lo trasformi in una favola disneyana è un problema tutto tuo). E qualche giorno fa il calciatore ha rilasciato un'intervista alla COPE, una delle radio spagnole più ascoltate, parlando della sua depressione.
"Quando si attraversano momenti difficili come la depressione e gli attacchi di panico, non importa il lavoro che fai, la situazione che hai nella vita: hai un'altra persona dentro contro cui devi combattere giorno e notte. Per me la cosa migliore è stata lasciare la Spagna, non potevo più sopportarlo" dice nell'intervista. Gli insulti e l'odio hanno condizionato anche la sua vita familiare: "Mi vergognavo a uscire con i bambini, ogni volta succedeva qualcosa. A volte la gente faceva commenti su quello che era successo nelle partite e alla fine anche loro non volevano più andare a fare la spesa con me". E quando ha capito che stava perdendo il controllo ha chiesto aiuto: "La depressione è una malattia come tutte le altre. Credo che le scuole dovrebbero sensibilizzare l'opinione pubblica sull'importanza degli psicologi e della salute mentale". Mi hanno colpito tantissimo gli attacchi davanti ai suoi figli, che lo hanno spinto mano a mano a non voler uscire più di casa. Mi è capitato di leggere i commenti alle sue parole in forum e sotto gli articoli dei quotidiani digitali. E alla fine era sempre colpa sua: è un niñato, un ragazzo ricco viziato, che non sa neanche affrontare le sue responsabilità. A Cristiano e a Messi hanno detto di peggio, ma non hanno reagito come lui. Certo che gli haters sono da condannare, ma esistono e, se non lo sopporta, ha solo da non leggere i commenti sui social o ascoltare i cori allo stadio. C'è sempre quel "ma", che finisce con dare la colpa alla vittima e non al carnefice e libera gli haters di ogni responsabilità. Meno male che quando Morata ha sbagliato il rigore, durante la partita di Nations League Spagna-Serbia, il pubblico dello stadio di Córdoba ha iniziato a cantare il suo cognome, Morata! Morata!, invece di deriderlo come al solito. E pochi minuti dopo lui ha segnato il secondo dei tre gol spagnoli. Basta poco, a volte, per rincuorare una persona.
Nella Giornata Mondiale della Lotta contro il Cancro, Elle Spagna ha organizzato una serata, Elle for Hope, in cui ha premiato Sara Carbonero, che dal 2019 lotta contro un cancro alle ovaie. Il discorso di accettazione della giornalista, che si è commossa e ha pianto, ha emozionato il Paese. Sara non voleva andare a ritirare il premio perché sono cinque anni che non vuole sentire parlare di cancro, "una parola a cui non volevo fare riferimento perché credevo che se non l'avessi nominata non sarebbe stata una realtà". Ha raccontato la difficoltà di accettare che "sarò una paziente oncologica, per tutta la vita. E che vivrò nell'incertezza. Ho anche imparato ad abbracciare l'incertezza". E ha spiegato lo choc che è stato per lei scoprire la malattia: "È stato terribile. Avevo 35 anni, una vita sana, non capivo niente. E la mia prognosi era buona, ma avevo la testa piena di perché. Allora mi hanno consigliato di andare da uno psicologo o da uno psico-oncologo, che fanno un ottimo lavoro, ma in quel momento quello di cui avevo bisogno era di parlare con donne che avevano vissuto la mia stessa esperienza e che dieci anni dopo, o quindici anni dopo, erano vive, forti e lavoravano. Ed è quello che ho fatto, chiamare le dieci donne che non conoscevo, per farmi raccontare un po' della loro storia".
Dopo averla ascoltata, è stato facile pensare alla paziente oncologica più famosa del mondo, Kate Middleton. A lei tanti chiedono di visitare i reparti oncologici degli ospedali, di promuovere le iniziative contro la malattia, di diventare testimonial, insomma, della lotta al cancro. Nessuno si chiede come stia lei, cosa voglia dire per lei sentire quella parola, cosa voglia fare della sua vita e della sua esperienza dopo il primo ciclo di terapia. Magari vuole, come Sara, semplicemente stare bene e cercare di assimilare le nuove incertezze che l'accompagneranno. Carbonero, in questo senso, è più fortunata di Middleton, è riuscita a proteggere la sua vita, nessuno le ha detto cosa doveva fare ed è riuscita meglio di Kate a tenere il controllo della sua narrazione, mostrando di tanto in tanto ospedali, ma senza offrire spiegazioni, puntando più sulle riflessioni. Sui social racconta la sua vita quotidiana e propone i suoi copiatissimi outfit, senza fare riferimenti al suo privato. La protegge un gruppo di amiche invidiabile, donne piuttosto note del giornalismo e dello spettacolo, fidatissime e attente, che sono al suo fianco e le fanno da muro tutte le volte che considerano necessario. Carbonero ha anche spiegato cosa voglia dire avere un tumore e due figli in tenera età: "Voglio mandare un messaggio speciale a quelle madri e ai malati di cancro con bambini piccoli che non capiscono e non possono ancora a spiegare loro perché la loro madre resta a letto per otto giorni dopo ogni chemio e 21 giorni dopo sta di nuovo male. E perché sua madre non ha energia, come le madri dei loro amichetti" ha detto. Per poi salutare i suoi figli, Martin e Lucas, "il mio motore e il mio amore".
Álvaro e Sara, in questi giorni campioni di coraggio, orgoglio e libertà. Il meglio per loro due, qualche occasione di riflessione in più per noi, che li osserviamo senza conoscerli.
Tenendo le fila
Un disastro come non se ne vedevano da anni a causa di un incidente nel tunnel che collega le stazioni madrilene di Chamartín, a nord, e Atocha, a sud. Una locomotrice ha deragliato, fortunatamente senza vittime, bloccando per ore il traffico ferroviario dalla capitale verso Valencia e Murcia. I viaggiatori hanno raggiunto Atocha da Chamartín con la metropolitana e i bus, sperando di poter partire. Ma qui, oltre all'incidente, hanno scoperto un tentativo di suicidio che ha costretto a sospendere il traffico ferroviario per ore, con ritardi su tutta la rete ferroviaria in partenza dalla capitale verso sud. I numeri di Renfe, le Ferrovie spagnole: oltre 15mila i viaggiatori danneggiati, 32 treni soppressi e Atocha affollata di viaggiatori in attesa per tutto il weekend. Il PP reclama le dimissioni del Ministro dei Trasporti Óscar Puente.
Per alcuni mesi, tra il 2022 e 2023, Pedro Sánchez è stato seguito dalle telecamere di The Pool e Secuoya Studios, per un documentario intitolato Moncloa. Cuatro estaciones, che intendeva illustrare un anno di vita nella sede della Presidenza del Governo spagnolo. Una produzione che, come assicurano i creatori, non intende essere una campagna promozionale del leader socialista, ma un documento del funzionamento del Palazzo. El País pubblica in anteprima e in esclusiva il documentario per i suoi abbonati Premium, al termine di una settimana molto difficile per il Governo e dopo il disinteresse delle piattaforme che operano in Spagna. Secondo il quotidiano madrileno, nel Paese non c'è una tradizione per documenti video di questo tipo, ma se siete incuriositi, El País è la risposta.
Nei dintorni di Ronda, in Andalusia, è stato inaugurato La Almazara di LA Organic, un frantoio di ultima generazione disegnato dall'archistar francese Philippe Starck, che aspira a diventare quello che le cantine di Marqués de Riscal progettate da Frank Gehry sono per il vino. Il design atemporale è ispirato al mondo del toro e parla di un cubo rosso monolitico, dalle cui pareti fuoriescono un grande corno in acciaio corten e un'enorme oliva nello stesso materiale; la bocca dell'animale è un'ampia terrazza su cui affacciarsi sul paesaggio. "È più arte e scultura che architettura" ha commentato Starck ai media spagnoli. L'architetto definisce il suo progetto come "la cristallizzazione delle passioni spagnole".
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