España, mañana, será republicana? Non necessariamente
Repubblicana o monarchica? Oppure di cuore repubblicano e di cervello monarchico? In Spagna si discute da sempre della forma dello Stato, ma la monarchia si consolida e adesso c'è l'effetto Leonor
Questa è cosedispagna, una newsletter di cadenza settimanale in cui racconto la Spagna che mi colpisce e che difficilmente trova posto sui media italiani.
Oggi vi racconto del grande dilemma spagnolo: repubblica o monarchia? Domani, la Spagna sarà repubblicana, come vorrebbe uno degli slogan più famosi? Nessuno lo sa, ma qui vi lascio le mie impressioni: no, la Spagna non sarà repubblicana, almeno per un pezzo.
La Spagna, di cuore repubblicano e cervello monarchico
Si può parlare della Spagna contemporanea senza accennare alla monarchia? No, secondo me no. E infatti eccomi qua, nel decimo anno del regno di Felipe VI, a raccontare il rapporto degli spagnoli con l'istituzione.
La Spagna è stata storicamente una monarchia, unificata da un re astuto e da una regina volitiva, re Fernando d'Aragona e la regina Isabella di Castiglia; ha sopportato pure una guerra di successione, che le ha imposto i Borboni come nuova famiglia regnante, dopo los Austria, gli Asburgo; nelle convulsioni tra Ottocento e Novecento, che hanno portato anche alla perdita dell'Impero coloniale, ha avuto due Repubbliche dal finale disastroso. E, alla fine della fiera, come mi disse una volta un vecchio socialista sivigliano, "ha un cuore repubblicano e un cervello monarchico". Un altro socialista, conosciuto tempo dopo, mi disse: "Io sono repubblicano, ma se ci fosse un referendum, voterei per la monarchia, a noi la Repubblica porta male". E recentemente una dama di una certa età, di destra gentile: "Pensa se fossimo una Repubblica, chi dovrei votare, Felipe González? José Maria Aznar? Per carità, mi tengo Felipe".
"Sono repubblicano, ma..." è un sentire diffuso. Si ritrova in editoriali, in articoli, nelle tertulias, gli ascoltatissimi dibattiti radiofonici. Ne ha scritto anche José Manuel Sánchez Ron, professore di Storia della Scienza all'Università Autonoma di Madrid e membro della Reale Accademia Spagnola, in Cartas a una reina, il bel libro curato da Arturo Pérez Reverte (un repubblicano!) per i 18 anni della principessa Leonor: "(…) regnerà, spero, in un mondo in cui l'influenza della tecnoscienza sarà ancora più pronunciata. E dico "spero" perché, anche se ho nutrito a lungo obiezioni intellettuali sull'istituzione della monarchia - non me ne sono ancora completamente liberato - sono arrivato a considerare la monarchia costituzionale, sicuramente nel caso del nostro Paese, come necessaria di fronte alla possibile alternativa della repubblica. Suppongo di non essere l'unico ad avere nel profondo una simile ambiguità e a essersi spostato verso ciò che lei rappresenta, in parte per l'esempio di moderazione, discrezione e buon senso che suo padre Felipe VI ha dimostrato fin dall'inizio del suo regno. (…)".
La monarchia è arrivata insieme alla democracia, inserita dai padri costituenti nella Costituzione, approvata dagli spagnoli il 6 dicembre 1978. Il periodo della Transición, che ha portato la Spagna dalla dittatura alla democrazia, è uno dei più appassionanti della storia recente spagnola; probabilmente l'unico in cui le due Spagne, uscite dall'Ottocento e massacratesi nella Guerra Civile, si sono parlate per cercare un'intesa superiore ai propri interessi ("Quella di destra e quella di sinistra. La progressista e la conservatrice. La cattolica e l'anticlericale. La vincitrice e la sconfitta. La rossa e la blu. Questi aggettivi vengono spesso utilizzati per illustrare il concetto delle due Spagne, due visioni opposte del Paese che raggiunsero l'apice dello scontro durante la Guerra Civile (1936-1939), un conflitto le cui conseguenze arrivano fino ai giorni nostri" è il bell'incipit di un vecchio articolo di BBC Mundo). E quel periodo, che portò la democrazia al Paese, non sarebbe stato possibile senza l'attiva partecipazione di re Juan Carlos I. Ma rimaniamo in questo XXI secolo e partiamo dal 19 giugno 2014, da quando Felipe VI è asceso al trono e si è trovato per le mani un'istituzione sull'orlo del fallimento, così poco apprezzata dagli spagnoli che il CIS, l'organismo pubblico che realizza sondaggi periodici, non fa più domande sulla sua popolarità.
A suon di lavoro silenzioso, di discrezione e di rispetto scrupoloso della Costituzione, il secondo sovrano della democracia ha forgiato il suo regno. Di fatto ha alzato la voce solo nel discorso del 3 ottobre 2017, quando ha richiamato all'unità di Spagna, di cui è garante e custode, contro la dichiarazione unilaterale d'indipendenza della Catalogna; è stato per anni persona non grata nella regione, a causa di quel discorso. E lui, per dimostrare che la Catalogna non appartiene agli indipendentisti, ma è di tutti, anche di chi si sente spagnolo, l’ha visitata più di altre regioni. Un'ombra la gettano su di lui i media repubblicani, El Diario in primis, quando gli chiedono conto, senza ricevere risposta, quanto sapesse dei disordini fiscali del padre e quanto abbia usufruito dei denari nascosti in Svizzera; avrà rinunciato all’eredità paterna per convinzioni etiche o perché avvertito delle indagini della magistratura e dei media? La Zarzuela non risponde e spinge i più estremisti a pensare che, se monarchia dev'essere, sia allora Leonor, direttamente.
Recentemente l'ABC, il più antico quotidiano spagnolo, conservatore e monarchico, ha realizzato un sondaggio sulla monarchia, il quarto di una serie iniziata otto anni fa, con scadenza biennale. Secondo i risultati, Felipe ha consolidato la sua immagine e lo pensa il 20% in più degli spagnoli, rispetto a due anni fa. In una scala da 1 a 10, il suo indice di gradimento supera il 7 (i politici non arrivano a 5) ed è a pari merito con quello della regina Sofia, per anni il membro più popolare della Casa Reale, e della principessa Leonor, la cui irruzione sulla scena, in occasione dei 18 anni e dell'ingresso nell'Accademia Militare, ha davvero rivoluzionato l'immagine della monarchia, dandole freschezza e popolarità, soprattutto tra i più giovani, il tallone di Achille dell'istituzione.
Si commenta sempre poco quanto sia stato intelligente (o furbo) da parte di Felipe sposare Letizia Ortiz. È la prima regina spagnola plebea, proviene dalla piccola borghesia, si è laureata in giornalismo ed è stata una giornalista brillante. Soprattutto, è di origine atea, rossa e repubblicana, ovvero appartiene al bando perdente della Guerra Civile. Un matrimonio che in qualche modo permette al re di sfuggire al tentativo della destra reazionaria di impossessarsi della monarchia: la regina rossa e repubblicana, il corpo estraneo, per questo sempre criticata, è lì a dimostrare che l'istituzione è di tutti gli spagnoli.
Il sondaggio dell'ABC sostiene che per tre spagnoli su quattro la principessa Leonor arriverà a regnare; lo pensa l'86% degli elettori di destra, il 76% di quelli del centro e il 65% di quelli di sinistra. Il sostegno alla principessa è in tutte le frange d'età, a sorpresa anche tra i suoi coetanei. Lei è la prova di quanto sia importante non solo la carica, ma anche la personalità di chi la esercita. Il futuro della monarchia sembra più solido anche per come Leonor si presenta e viene percepita. L'istituzione poteva trovarsi una principessa ereditaria poco carismatica, timorosa di apparire in pubblico, disinteressata al proprio destino, incapace di costruirsi un’immagine e di appassionare i connazionali (non parlo mai di sudditi, le monarchie costituzionali non li prevedono). Ha invece per le mani una 18enne bella, sicura, decisa a superare le prove che le hanno messo davanti, formazione militare inclusa; ogni volta che appare in pubblico media e social impazziscono e lei per i suoi 18 anni ha guardato le telecamere e ha detto "Fidatevi di me". Tocca a lei, più che al padre, vincere la sfida del futuro: avvicinare alla monarchia i giovani progressisti, quelli che non la vorrebbero sul trono perché nessuno l'ha eletta e che però mettono like alle sue foto e si divertono sui social a commentare i suoi eventuali flirt, perché, magia o maledizione della monarchia, hanno visto la principessa crescere con loro. "Sono repubblicano, ma…" aggiornato ai nostri anni.
Per terminare quest'articolo super lunghissimo. Chi mi ha letto in passato sa che uno dei momenti più emozionanti che ho vissuto in Spagna è stato ai tempi degli indignados, quando un corteo repubblicano, con tante famiglie e bambini, marciava verso la madrilena Puerta del Sol al tramonto, con le bandiere della Repubblica e il grido eterno, carico di promesse e di futuro: España, mañana, será republicana. La Spagna, domani, sarà repubblicana. Personalmente non ne sono convinta, almeno non fino a quando il PSOE, il Partido Socialista Obrero Español, che ha nelle sue mani la chiave di volta della monarchia, non muoverà pedina. Ma questo è tema bello, lungo e appassionante, per un altro post.
La frase della settimana
"Lasciare questo mondo con dignità è un diritto fondamentale di ogni essere umano; non è una questione politica, ma umana e deve essere affrontata attraverso l'umanità, anche se i governi devono elaborare le leggi appropriate affinché ciò possa succedere"
(Pedro Almodóvar, nel discorso con cui ha ritirato il Leone d’Oro per La habitación de al lado, alla Mostra del Cinema di Venezia)
Tenendo le fila
Ada Colau, che per otto anni ha guidato il Comune di Barcellona, intende lasciare il Consiglio Comunale per dedicarsi ad altre attività, in particolare le conferenze all'estero. La politica, ha spiegato, le ha chiesto sforzi continui e causato una certa stanchezza personale, "è bene prendere una distanza e rinfrescarsi con nuove idee" ha spiegato. Recentemente è stata in Francia, in Italia e nel Messico per raccontare le politiche progressiste realizzate quando era la sindaca di Barcellona. "Sono state politiche utili, ma non sufficienti in un sistema generale che ogni giorno genera maggiori disuguaglianze, malessere, antipolitica e distanza dai cittadini. Dobbiamo riflettere e aggiornare la nostra analisi della realtà, la narrazione e le proposte. Non può essere che la destra dica adesso che difende la libertà, bisogna aggiornare cosa significa libertà e promuovere politiche che diano speranza e trasformazioni che migliorino le condizioni di vita della popolazione".
La Mostra del Cinema di Venezia è finita con il trionfo di Pedro Almodóvar, Leone d'Oro per The room next door, il suo primo film in inglese, che però lo stesso regista chiama con il suo titolo spagnolo, La habitación de al lado. È il primo grande premio che riceve in un Festival, nonostante il Leone d'Oro alla carriera del 2019 e i due premi per la sceneggiatura, ancora a Venezia, per Donne sull'orlo di una crisi di nervi, e a Cannes, per Volver. Il primo regista spagnolo a essere premiato al Lido per un film spagnolo e a ottenere ben 17 minuti di applausi. "È un film eccezionalmente appassionato e insolito, sul valore di qualcosa di così vicino e comune come l'amicizia. È un film di paesaggi vasti e insondabili che scorre interamente sui volti dei suoi personaggi. È un lavoro tremendamente intimo, ma, come ogni cosa personale, finisce per essere politico. Il titolo si riferisce all'aiuto che un amico dà a un altro, effettivamente dalla stanza accanto. Ed è lì, nell'obbligo di essere e accompagnare chi soffre, che l'ultimo capolavoro del regista diventa forte per essere anche un manifesto contro l'odio e la sua incultura fascista". By El Mundo, wow.
Settembre porta anche tante nozze che le riviste del corazón e i social amano seguire con entusiasmo, sia per i personaggi sia per le tendenze che esprimono. L'ultimo della lista ha portato per tre giorni a Palma di Maiorca attori, produttori, influencer. Protagonisti, Nacho Aragón e Bea Gimeno; lui, giovane imprenditore, appartiene a una dinastia di artisti ed è figlio di Emilio, attore e produttore di tante serie di successo (sua anche Medico de familia, da cui discende Un medico in famiglia), lei è un'influencer con vasto seguito sui temi della moda e della bellezza. Matrimonio molto informale, ma curato nei dettagli, e soprattutto molto familiare, con genitori, sorelle, amici intimi e tanta commozione. Tutti gli occhi, ovviamente, per gli outfit degli sposi, che, a sorpresa, si sono sposati giovedì sera in una cerimonia religiosa intimissima, alla presenza dei soli familiari, per poi festeggiare come previsto sabato, con tutti gli invitati. Lei si è sposata con una giacca effetto satin e pantaloni larghissimi e lunghissimi di pizzo, lui con la camicia fuori dai pantaloni. Chicchissimi e informali (ho molto amato tutti i loro outfit). Foto sull'Instagram di Hola, qui, qui e qui (tre giorni di festa, tre gallery).
P.S.
Mi trovate anche su venividiscrissi, newsletter di interviste e riflessioni, in cui seguo le mie curiosità, senza pormi limiti di argomenti e ampliando sempre orizzonti.
Questa settimana si vola in Sardegna, per scoprire il macramè di Marta Congiu. Una passione da autodidatta a Oliena (NU), coltivata attraverso Google e i social. E adesso è un lavoro prezioso, di tende, vestiti, accessori moda e home-decor venduti anche all’estero, al ritmo dei Queen. A Oliena, il macramè sardo ha il ritmo dei Queen
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