Bárbara Goenaga, l'attrice che disegna i gioielli della regina
Tre diversi modelli in pochi giorni: così la regina Letizia ha dato visibilità al brand di gioielli disegnati dall'attrice basca Bárbara Goenaga. Che punta su filiera etica e produzione 100% spagnola
Questa è cosedispagna, una newsletter di cadenza settimanale in cui racconto la Spagna che mi colpisce e che difficilmente trova posto sui media italiani.
Oggi vi parlo di un piccolo brand di gioielli, Bárbara Goenaga, fondato nel 2014 dall'attrice basca Bárbara Goenaga e balzato agli onori delle cronache grazie alla regina Letizia. Il Made in Spain ha storie bellissime e questa è la prima che scopriamo!
Bárbara Goenaga: i miei gioielli per donne forti come Letizia
La regina Letizia è la miglior ambasciatrice dei brand spagnoli, si usa dire. Non solo dà loro visibilità internazionale, grazie all'interesse che suscita sui social e nel web, ma rende sold out buona parte di quello che usa in poche ore. L'ultimo esempio arriva dagli orecchini indossati recentemente e appartenenti al marchio Bárbara Goenaga.
"Facendo uno zoom, possiamo assicurare che doña Letizia ha indossato il 24 aprile l'orecchino Wow in stile climber, con tre diamanti taglio brillante uniti da un filo di oro giallo 9 carati che ricorda una costellazione (335 euro)" cinguettava il magazine Hola qualche giorno fa "Il 26 aprile 2024, ha scelto l’orecchino in stile climber Rayo Iconic – Black&Rose, realizzato in oro rosa 18 carati e impreziosito da 18 diamanti neri incastonati a mano (550 euro al pezzo). 'È il must have, quello che vi piace di più, il più speciale', sottolinea l'azienda". Infine, una decina di giorni dopo, il 7 maggio, la regina ha usato gli orecchini Rita, della collezione Red Carpet, "un pezzo unico di due rombi intrecciati, realizzata a mano da una squadra di orafi che 'impiegano circa sei ore per incastonare i 114 zinconi'" viene in soccorso ancora Hola.
Tre nuovi prodotti dello stesso marchio nel giro di un paio di settimane scarse è tanto, soprattutto per una donna come Letizia Ortiz, attenta a mantenere un certo equilibrio stilistico nelle sue apparizioni. Così le attenzioni dei media e delle influencer di Instagram, a cui nulla sfugge, si sono concentrate sul nuovo brand prediletto della regina spagnola. E diamogli un'occhiata anche noi, perché ha una bella storia.
La designer e proprietaria del marchio, Bárbara Goenaga, è un'attrice basca piuttosto nota. Ha 40 anni, ha respirato arte in famiglia sin dalla sua nascita (suo padre è il pittore Juan Luis Goenaga, sua zia l'attrice e regista Aizpea Goenaga). Nella sua carriera, iniziata da bambina, si è sempre mossa con saggio equilibrio tra cinema e televisione, tra commedie e drammi. La si è vista in serie pop tipo Amar en tiempos revueltos (Amare per sempre in Italia, su Canale 5) o di rivisitazione storica tipo Cuéntame (in Italia ha avuto meno successo il remake Raccontami); ma è stata anche nel cast di 23-F, historia de una traición, miniserie del 2009 che ricostruisce il tentativo di colpo di Stato del 23 febbraio 1981. A cinema è stata tra i protagonisti del film Oviedo Express, per il quale è stata candidata ai Premi Goya 2007 come miglior attrice rivelazione, e poi di film impegnati come La punta del iceberg, un thriller sui suicidi sul posto di lavoro, o come Gernika, che ricostruisce il bombardamento dei nazi-fascisti sulla cittadina basca. Insomma, una carriera eclettica, condotta abilmente anche tra Madrid e i Paesi Baschi.
In realtà io ho conosciuto Bárbara perché è la compagna del politico conservatore Borja Sémper, suo conterraneo, e attuale portavoce del PP. Lui è sempre stato più liberal rispetto al suo partito, ha rilasciato interviste intimiste, che ho molto apprezzato e in cui ha raccontato della sua gioventù blindata in Euskadi, a causa delle minacce dell'ETA (in genere amo Borja quando parla del suo legato basco), ed è sempre stato piuttosto brillante, per oratoria e idee. Il loro legame sentimentale, mai esibito, ma neanche mai nascosto, mi ha sempre incuriosito. Soprattutto ricordo una volta in cui lei era stata contestata sui social (sempre loro!) per posizioni espresse dal suo compagno e si era arrabbiata, perché si dava per scontato che lei la pensasse come lui, come se non fosse capace pure di un pensiero autonomo. L'avevo molto amata.
Detto ciò, non sapevo che Bárbara, già madre di tre figli, due dei quali con Sémper e il primo con l'attore Óscar Jaenada, avesse anche un brand dedicato ai gioielli. Ma le donne sono multitasking, si sa, per cui mi sono incuriosita e molto mi ha aiutato Hola, ancora una volta. "Ho iniziato a disegnare gioielli una decina di anni fa, proprio per il mio lavoro di attrice. Mi sentivo sempre soddisfatta per i vestiti che mi offrivano i miei stilisti di riferimento, José Juan e Paco. Ma mi costava trovare gioielli con i quali sentirmi identificata" ha spiegato a Hola "Io amo il gioiello classico, ma, se uscivo dagli schemi, tutto quello che non era classico era bigiotteria e io volevo gioielleria, ovvero i 18 carati, i diamanti, le pietre naturali, che avessero anche un disegno più audace. E allora ho iniziato a disegnarmeli, usando il disegno diventato tipico del mio brand, ovvero il fulmine, che è molto unito alla forza naturale delle donne. Mi piaceva anche fare collane da 18 carati e con diamanti. E ho iniziato così".
Sbirciando nel sito web del brand, si scoprono collane, orecchini, braccialetti, anelli; hanno un gusto minimal e delicato, molto femminile. Sono stati ideati, spiega Bárbara "per una donna attiva, allegra e con il senso dell'umorismo; i disegni sono leggeri e attuali, così versatili da poter essere indossati tanto nel quotidiano quanto nelle occasioni speciali. Crediamo che, come diceva l'architetto Mies Van der Rohe, 'meno è di più'. E anche che un gioiello sia per tutta la vita e per questo, oltre al design, una delle nostre basi è la qualità". Prima di convincere la regina, i suoi prodotti sono piaciuti a donne spagnole famose come le attrici Maribel Verdú, Bárbara Lennie e Kira Miró. Tutto è molto basco, i nomi dei gioielli, spesso ispirati a località della regione, sia in territorio spagnolo che francese, sia la modella Iciar Usandizaga; lo stesso nome del marchio, in origine era Soulbask, Anima basca.
Ma è stato nei social che Bárbara ha capito che il suo brand aveva potenzialità da esplorare. Lo ricorda con un episodio piuttosto comico: "Avevo parlato con il padre di un mio amico, che era gioielliere, e gli avevo chiesto di realizzare un gioiello per me. Poi l'ho mostrato su Instagram un giorno in cui avevo la febbre e la gente, invece di chiedermi come stavo, mi ha chiesto dei miei anelli. Così che ho deciso che se li avevo disegnati per me, perché non disegnarli per le altre donne. Ed è questo che mi distingue, fare gioielli con rollazo, con un punto in più".
Il punto in più, in tempi di sostenibilità, è la scommessa su una produzione 100% spagnola e artigianale. Nel sito, si insiste sulla filiera etica, sia per l'origine delle materie prime sia per il lavoro artigianale. "È una tradizione che non deve andare perduta e che dà molto valore ai nostri prodotti, rendendo unico ogni oggetto. Per questo, tutti i nostri gioielli sono fabbricati da gioiellieri locali che sono nel settore da molti anni e nei quali abbiamo completa fiducia. Fabbrichiamo in modo sostenibile, abbiamo prodotti in stock, ma sempre in numero limitato. I nostri anelli sono realizzati su richiesta, affinché possa scegliere taglia e tipo di oro".
Letizia scopre continuamente piccoli brand e dà loro una visibilità inaspettata. Ci sono marchi andalusi, maiorchini, galiziani (la regina esplora tutta la geografia spagnola) che raccontano di come l'effetto-Letizia rivoluzioni la loro visibilità e sia meglio di qualunque campagna marketing sui social. E lei, consapevole di questo, continua ad alternare i grandi marchi di prestigio internazionale a questi piccoli, che hanno storie bellissime per passione, qualità, attenzione alla filiera.
Se i gioielli di Bárbara Goenaga vi hanno incuriosito, il sito web è barbaragoenaga.com
Su Instagram @barbaragoenagaoficial
Frase della settimana
"La economia española no va como una moto, va como un cohete" (L'economia spagnola non va come una moto, va come un razzo)
(Pedro Sánchez, che ama volare basso quando parla dei suoi risultati)
Tenendo le fila
Delle elezioni catalane vi avevo raccontato la scorsa settimana, ma non perdiamole di vista. Al momento il terremoto più grande si è registrato in ERC, la formazione della sinistra repubblicana che guidava la regione e che è crollata da 33 a 20 deputati. Si è dimesso, e non rimarrà nel Parlament, il presidente della Catalogna Pere Aragonés, si ritira la Segretaria Generale Marta Rovira, che non si candiderà al ruolo nel Congresso previsto per l'autunno, mentre promette un ritiro temporaneo il presidente Oriol Junquera. Carles Puigdemont di Junts, secondo partito più votato, insiste per presentarsi alla presidenza, mentre il PSC, il partito più votato, annuncia l'idea di un governo di minoranza a geometrie variabili. Tutto ancora in evoluzione.
Il 22 maggio Felipe VI e la regina Letizia celebrano vent'anni di matrimonio e la Casa Reale ha distribuito una serie di fotografie che hanno mandato i media e i social in un brodo di giuggiole. El País ha la gallery più razionale.
En mi querida Andalucía è in corso il ritorno a casa della Romería de El Rocío, il più importante pellegrinaggio religioso di Spagna dopo il Camino de Santiago. Ha un'estetica peculiare, di carri trainati da buoi e pellegrini a cavallo, di donne con il traje de gitana e di paesaggi meridionali, di marismas (lagune), dune e luce abbacinante, con un rituale di musica, balli e risate. Le foto e i racconti più belli su elcorreoweb.es
P.S.
Mi trovate anche su venividiscrissi, la mia newsletter più personale, perché segue le mie curiosità, senza pormi limiti di argomenti e ampliando sempre orizzonti (sono nata sotto il segno dell'Acquario, non a caso).
Questa settimana chiedo alla giornalista ed esperta di food Silvia Fissore, se non parliamo troppo di cibo e se ai lettori arriva l'informazione corretta. E qui trovate le sue risposte. Parliamo troppo di cibo?
Vi suggerisco però anche la lettura della penultima intervista, a Flavia Amato, che, dopo aver studiato e lavorato nelle Marche, è tornata in Calabria per fondare Malìa, il suo brand di abbigliamento, e per valorizzare la tradizione tessile calabrese. E non per modo di dire: nei giorni scorsi ha aperto una scuola in cui insegna a tessere e a filare la ginestra (che fino a conoscere lei manco sapevo potesse essere filata).
Flavia Amato: con Malìa vorrei una filiera del tessile calabrese
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