I 7291 anziani morti per covid a Madrid. Ayuso contro il documentario
Durante la pandemia fu proibito l'ingresso negli ospedali agli ospiti delle residenze per anziani. Senza cure specifiche, morirono in 7291. Isabel Díaz Ayuso si oppone al documentario che lo racconta
Questa è cosedispagna, una newsletter di cadenza settimanale in cui racconto la Spagna che mi colpisce e che difficilmente trova posto sui media italiani.
Questa settimana, la Spagna ha ricordato uno degli anniversari più drammatici degli ultimi anni, i cinque anni dal confinamiento. E in tv un documentario ha ricordato le morti degli anziani nelle residenze madrilene, perché era vietato loro l’accesso agli ospedali. La presidente della Comunidad de Madrid si è inutilmente opposta alla messa in onda.
Buona lettura!
I 7291 anziani morti a Madrid per il covid, adesso in un documentario
Il 13 marzo 2020, il Governo di Pedro Sánchez annunciava il confinamiento, davanti ai contagi da covid-19 che rischiavano di collassare gli ospedali spagnoli. Cinque anni dopo, quei giorni sono stati ricordati da numerosi servizi tv; le riprese dai droni della Gran Via e della Puerta del Sol di Madrid deserte, come non si vedrebbero neanche in una domenica d'agosto, hanno riportato alla memoria la chiusura delle grandi città d'Europa. La Spagna ha gestito male gli inizi della pandemia. Un esempio a memoria, l'Italia, che era il Paese più colpito dopo la Cina, era già avviata verso l'isolamento e lì andavano ancora allo stadio e, addirittura, alle manifestazioni per i diritti delle donne, l'8 marzo. Sono stati proprio quei cortei a moltiplicare i contagi, soprattutto nelle grandi città, spingendo il Governo al lockdown. Ma già prima le diverse Comunidades Autónomas avevano iniziato a chiudere le scuole, nel tentativo di limitare i contatti tra le persone.
A ricordare quei giorni drammatici, RTVE, la tv pubblica, ha mandato in onda su La2 e sul canale all-news 24 horas il documentario 7.291, diretto e prodotto da Juanjo Castro. 7.291 sono gli anziani morti nelle residenze della Comunidad de Madrid, perché è stato negato loro il diritto alle cure. È una delle pagine più oscure del secondo mandato di Isabel Díaz Ayuso, che Castro ha voluto raccontare nel modo più sobrio possibile, servendosi soprattutto dei dati e delle testimonianze della Commissione d'indagine dell'Assemblea di Madrid (il Consiglio Regionale in Italia), attiva tra il 2020 e 2021 per capire cosa fosse andato storto e poi sciolta, senza arrivare a conclusioni, a causa delle elezioni anticipate. Il regista ha guardato 50 ore di materiale e ha poi intervistato Alberto Reyero, che fu Assessore Regionale delle Politiche Sociali in quei giorni drammatici, e due giornalisti di cronaca locale, che seguirono da vicino le vicende madrilene. Ha anche inviato una richiesta d'intervista ad Ayuso, senza mai ricevere risposta. Il materiale video proviene soprattutto dai lavori della Commissione, a cui hanno partecipato politici, professionisti della medicina, familiari delle vittime. Nessuno, a parte gli intervistati, giura Castro, sapeva che stava girando il documentario. Poi, dopo una proiezione privata per loro, sono state proprio le famiglie delle vittime ad aiutare la promozione e l’arrivo di 7.291 in tante città.
Prima di andare avanti, è necessario un passo indietro. Bisogna tornare a quel marzo 2020, in cui la Spagna, preoccupata e impaurita, faceva i conti con i progressi del covid, avendo davanti lo specchio dei disastri in corso in Italia. Madrid era una delle Comunidades più colpite dal contagio; il 5 marzo i casi erano raddoppiati in sole 24 ore, il 9 marzo il governo madrileno e quello basco ordinarono la chiusura delle scuole. Il 12 marzo, il giorno prima del lockdown decretato dal governo centrale, la Comunidad de Madrid varava un piano per la gestione sanitaria dell'emergenza. Sarebbe poi stato chiamato in seguito il protocollo della vergogna. Agli ospiti delle residenze per gli anziani, che avessero più di 80 anni, difficoltà motorie o deficit cognitivi, veniva vietato l'accesso agli ospedali in caso di contagio. La promessa, mai mantenuta, era che nelle stesse residenze sarebbero stati presenti medici e infermieri per le cure in loco. Il 22 marzo, l'assessore alle Politiche Sociali Alberto Reyero, esponente di Ciudadanos, scriveva al collega Enrique Ruiz Escudero, assessore alla Sanità del PP, che la decisione "avrebbe fatto morire molti anziani in modo indegno".
El Diario, uno dei quotidiani più duri nel denunciare quello che è stato fatto agli anziani madrileni dal Governo che avrebbe dovuto tutelare le loro vite, scrive: "La risposta alle richieste di ricovero erano sempre le stesse: 'Quando chiamavo, mi chiedevano nome, numero di documento di identità e le scale Barthel e LOBO', secondo una testimonianza raccolta dall'ex assessore nel suo libro Morirán de forma indigna. 'Se dicevi che aveva più di 85 anni e aveva punteggi bassi in quelle scale, non c'era niente da fare". Ma, nota il quotidiano digitale: "Gli anziani con un'assicurazione privata avevano però la possibilità di farsi ricoverare in ospedale". L'ingiustizia, basata ancora una volta sulle possibilità economiche di ognuno. Migliaia di figli non hanno potuto salutare i genitori, morti soli e abbandonati nelle case per gli anziani, senza un'assistenza adeguata alla malattia. Secondo i dati diffusi dai media, i morti sono stati 7291, il numero più alto registrato nelle Comunidades Autónomas spagnole. Madrid è di fatto una delle regioni con il più alto tasso di mortalità da covid-19 d'Europa.
Un giorno ci dovranno essere serie indagini su come la Comunidad de Madrid abbia gestito i giorni frenetici della pandemia. Non solo gli ultra80enni lasciati morire nelle residenze per gli anziani, ma anche le commissioni esagerate pagate per l'acquisto delle mascherine. Attualmente l'aristocratico Luis Medina, fratello del Duca di Feria, è sotto processo per aver ottenuto una commissione di un milione di euro per la vendita di mascherine alla Comunidad de Madrid (la sua difesa sostiene che non ha venduto niente, ha solo messo in contatto acquirente e venditore). Tomás Díaz Ayuso, fratello della presidente, si è assicurato una commissione di circa 283mila euro per aver partecipato alla vendita di mascherine, acquistate dalla Comunidad de Madrid dall'azienda di un amico di famiglia (la denuncia è stata archiviata perché il prezzo non è stato aumentato in modo irregolare). Anche il compagno della presidenta, Alberto González, ha preso una commissione, 2 milioni di euro, per la mediazione di una compravendita di mascherine (si è assicurato il 4,5% di un contratto da 42 milioni di euro). Insomma, l'etica in quei giorni drammatici è stata molto abbandonata, insieme a tutto il resto.
La presidenta ha cercato in tutti i modi di impedire la messa in onda del documentario di Juanjo Castro. Ha anche chiesto a RTVE di trasmettere un video in cui lei dava la sua versione dei fatti (dopo essersi rifiutata di rispondere a Castro). I 7291 morti delle residenze sono una ferita aperta, non solo per i loro familiari, ma anche per chi crede nella dignità umana: i protocolli della vergogna di Madrid sono stati denunciati da Amnesty International e da Medici senza Frontiere. E una delle cose più indignanti è sentire Isabel Díaz Ayuso che cerca di impedire la messa in onda del documentario parlando dell'inutilità di aprire vecchie ferite e di causare ancora dolore (sono le stesse ragioni per cui il suo partito si rifiuta di riaprire le fosse comuni in cui il franchismo ha sepolto i repubblicani e gli oppositori giustiziati, ignorando giustizia e dolore delle vittime). O addirittura sostenendo che 7291 è un numero inventato dalla sinistra (è un numero accettato da cinque anni e mai smentito da lei), i morti in realtà sono 4100 (come se 4100 fosse accettabile).
Vi propongo un passo di un articolo di El País, che spiega un po' il sentire delle vittime e il senso di ingiustizia. "L’ingenuità potrebbe portare a chiedersi cosa abbia infastidito la presidente della Comunità di Madrid, Isabel Díaz Ayuso, del documentario 7.291, tanto da definirlo 'ingannevole' (…). Forse la infastidisce vedere vedere le famiglie delle vittime delle case di cura piangere mentre ricordano la morte dei loro cari. Una figlia racconta di aver implorato che il padre venisse portato all'ospedale di La Paz per cercare di salvarlo. Lei, Ayuso, non si è mai preoccupata di ascoltarle nei cinque anni trascorsi da allora. Potrebbe sentirsi a disagio nel vedere gli operatori sanitari di una casa di cura che spiegano come la mancanza di morfina abbia spinto gli anziani morenti a vivere gli ultimi istanti aggrappati alle sponde del letto, nel tentativo di respirare".
La Procura di Madrid ha confermato ieri di aver presentato nove nuove denunce per le morti degli anziani nelle residenze, questa volta per rifiuto di un pubblico servizio per motivi discriminatori. Si aggiungono alle 109 presentate l'anno scorso senza successo per rifiuto di assistenza sanitaria; i casi già chiusi e archiviati non potranno essere riaperti. La denuncia collettiva, annunciata a ottobre, arriva dopo l’insuccesso di quelle presentate per omicidio colposo e omissione di soccorso.
Frase della settimana
"Per me, che sono nata nel 1935 e ho vissuto la dittatura e poi la speranza della democrazia, vedere, alla mia età, come tutto si sia capovolto e come l'estrema destra stia rialzando la testa in questo modo, è sconvolgente".
(Lola Herrera, una delle dame del teatro spagnolo, El País)
Tirando le fila
Ultimi giorni delle Fallas, la grande festa di Valencia. Le strade della città sono invase da oltre 700 fallas, le grandi creazioni di legno e cartapesta che si burlano dell'attualità e delle idiosincrasie e che sono uno specchio dello stato d'animo dei valenciani. Quest'anno il tema più gettonato è ovviamente la dana, che a ottobre ha devastato la provincia. Il fango è presente in tante fallas e non mancano le ironie sul grande assente, allora come oggi, il presidente della Comunitat Valenciana, Carlos Mazón, di cui si sono invano chieste le dimissioni in numerosi cortei. Il president non si è visto nel pomeriggio della dana, ancora adesso non si sa dove fosse, e non si fa vedere in strada da quando la grande festa è iniziata. Nella notte del 19 marzo, la cremà, che metterà fine allo spettacolo con i grandi falò.
Il Teatro Real di Madrid ha una quinta facciata, così l'ha definita il suo presidente Gregorio Marañón. Il tetto conta su ben 1500 metri quadrati di pannelli fotovoltaici sui quali è possibile camminare, parte del piano di riabilitazione energetica da 5,2 milioni di euro provenienti dai fondi del PNRR spagnolo. Grazie a questo piano, il Teatro Real ha un consumo energetico praticamente nullo ed è diventato "il teatro più sostenibile di Spagna". Per le autorità è anche un simbolo: se un simile cambiamento può essere fatto in un edificio così emblematico come il Teatro Real, allora è possibile in qualunque altra costruzione spagnola. E uno dei primi posti sarà il Palazzo Reale, sull'altro lato della plaza de Oriente, davanti al Teatro Real.
TVE ha presentato la nuova versione di Esa diva, la canzone di Melody vincitrice del Benidorm Fest, con cui la Spagna parteciperà all'Eurovision Song Contest 2025, a Basilea. Come sempre, quando si tratta di questo concorso, ci sono diverse polemiche: chi avrebbe preferito andare in Svizzera con la versione originale, chi preferisce quella attuale, chi detesta entrambe. La nuova produzione porta la firma di Red Trinagle Records, che ha lavorato con Måneskin, David Guetta, Camilla Cabello, e presenta la canzone come un viaggio tra diversi tipi di musica, con "un ritmo che aumenta progressivamente e cori molto potenti, che mettono in evidenza sensibilità, energia e potenza vocale e interpretativa di Melody". Secondo me, è no anche quest'anno, con tutto l'affetto per Melody, che ho visto crescere.
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