La legge Trans e le femministe. Gli orizzonti di Javier e Penélope
Divisioni nel Governo e nel PSOE per la Ley Trans: mette in pericolo identità e diritti femminili? Javier Bardem e Penélope Cruz: lei produce i suoi film, lui canta e balla con un coccodrillo
Una legge a prima vista inclusiva, che riconosce ai transessuali il diritto alla loro identità senza passare per studi e percorsi psicologici e/od ormonali; ma che proprio per questo potrebbe mettere in crisi gli spazi riservati alle donne. In Spagna si parla della Ley Trans e parte del mondo femminista è furibondo.
Una delle coppie più mediatiche del cinema spagnolo, Javier Bardem e Penélope Cruz, si lancia verso nuove sfide professionali; lei ha appena fondato una propria casa di produzione, lui, diventato famoso per ruoli drammatici e impegnati, si scopre cantante e ballerino nell’ultimo film, pensato per le famiglie e da lui girato per i suoi due bambini, Leo e Luna.
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La Legge Trans divide il Governo e le femministe
È arrivata in Parlamento la Legge Trans, voluta dal Ministero delle Pari Opportunità per garantire i diritti dei transessuali, e sta creando grossi guai tra PSOE e Unidas Podemos, i due partiti alleati di Governo. Tra le misure previste, l'autodeterminazione di genere, che, a partire dai 14 anni, permetterà di cambiare sesso all'Anagrafe senza passare per trattamenti o rapporti medici; basterà solo la parola dell'interessato. È una scelta in linea con le indicazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che dal 2018 non considera più la transessualità una malattia e invita i governi a "depatologizzarla"; anche la maggior parte delle Comunidades Autónomas spagnole ha nella propria legislazione l'autodeterminazione di genere, ma il suo inserimento nella Ley Trans sta creando profondi dibattiti nel femminismo spagnolo e nello stesso PSOE.
La discussione nel femminismo classico e nel radicale
Il femminismo classico difende l'identità sessuale delle donne, per costruirvi intorno le politiche per l'uguaglianza e le pari opportunità e contro la violenza domestica. Il femminismo più radicale parla invece di un'autodeterminazione di genere, per cui vanno tutelate le persone che si sentono di genere diverso, anche prima di ogni operazione di cambio di sesso. Il rischio paventato dalle femministe tradizionali è la diluizione dell'identità femminile e, in definitiva, dei diritti delle donne. Nei mesi di preparazione della legge, l'allora vicepresidente del governo Carmen Calvo, socialista, rappresentava le istanze del femminismo classico, mentre la Ministra delle Pari Opportunità Irene Montero, dirigente di Unidas Podemos, difendeva le ragioni del femminismo radicale. C'è un passaggio di un'intervista della Ministra a Infolibre che spiega il suo punto di vista: "Il dibattito mi interessa e voglio partecipare perché sia chiaro che l'esistenza delle persone trans è un fatto. Il genere assegnato loro alla nascita non è quello con cui si identificano. Questo non è soggetto a dibattito e come Ministra, pertanto, il mio dovere è garantire i loro diritti. Esistono gli uomini e le donne? Cosa significa essere uomo o donna? (…) Qual è il livello di ormoni che dobbiamo avere per essere considerati uomini o donne? Quale taglia del petto dobbiamo avere per essere uomini o donne? Il sesso è qualcosa di genetico? Il dibattito è interessante e non è nuovo nel movimento femminista, ma forse non apporta una visione utile quando si devono disegnare politiche pubbliche. La cosa sicura è che tutte le donne, per il fatto di essere donne subiscono discriminazioni a cui non sono sottoposti gli uomini". Dalle sue parole si capisce la complessità del dibattito aperto dalla legge tra le donne e anche la difficoltà di definire l'identità femminile, se i maschi che si sentono donne sono parte della definizione.
I pericoli per l'identità delle donne
Perché i diritti delle donne sarebbero in pericolo se i trans vedessero riconosciuta la loro nuova identità di genere sulla parola, senza un trattamento ormonale o un percorso psicologico che ne certifichi le effettive volontà? Significherebbe, per esempio, che le donne transgender vincerebbero più facilmente le prove fisiche richieste nei concorsi pubblici per diventare poliziotte, pompieri o funzionarie, avendo ovviamente un corpo maschile, non trattato con ormoni femminili; questo metterebbe a rischio le donne negli stessi posti a loro riservati e nelle politiche di inclusione realizzate a loro favore. Ma ci sono ulteriori pericoli che hanno allarmato le femministe: se un uomo violento si dichiarasse donna, finirebbe in un carcere femminile, dove potrebbe continuare a esercitare violenza. O addirittura, cambiando sesso, potrebbe sfuggire alle proprie responsabilità di maschio violento, approfittando delle leggi che proteggono le donne. E pensate allo sport, dove le transgender si affermerebbero facilmente su chi è nata biologicamente donna.
La Legge Trans in Parlamento
La proposta di legge arrivata in Parlamento, dopo essere stata approvata a giugno dal Governo, è frutto di un compromesso. Ma il riconoscimento dell'autodeterminazione di genere è una chiara vittoria di Montero, Calvo ha infatti lasciato il Governo ed è adesso Presidente della Commissione Pari Opportunità della Camera. Oltre all'autodeterminazione di genere, il testo accoglie però una richiesta del femminismo storico: non si potrà usare il cambio del sesso per sfuggire alle responsabilità penali, per cui chiunque chiederà di cambiare genere dovrà rispondere alla giustizia delle azioni compiute precedentemente e non eviterà il carcere per eventuali reati di violenza domestica. Si riconosce l'autodeterminazione a partire dai 14 anni, purché i richiedenti siano assistiti dai genitori o da un tutore e sempre senza valutazioni psicologiche né trattamenti medici in corso. Questo passaggio preoccupa gli Ordini dei Medici, secondo i quali ci sono molti giovani in difficoltà che potrebbero cercare nelle scelte transgender "una soluzione magica" per poi pentirsi.
Le polemiche e le dimissioni di Carla Antonelli
La Ley Trans ha come obiettivo la società inclusiva cara al Governo PSOE-Unidas Podemos, garantendo diritti alla comunità LGTBI, ma adesso che è arrivata in Parlamento rischia di riaprire la frattura tra i due partiti e nello stesso PSOE. È stata trasmessa alla Camera a settembre per essere approvata entro la fine dell'anno, secondo l'accordo tra i due partiti. Il Partito Socialista però si è unito ai conservatori di PP e Vox per ritardare l'arrivo in Aula di una settimana e permettere ulteriori emendamenti, cosa che ha mandato su tutte le furie Unidas Podemos, per cui questa legge è un fiore all'occhiello.
Carla Antonelli, storica leader trans dei socialisti, si è polemicamente dimessa e ha restituito la tessera, rilasciando un'intervista di fuoco a El Mundo e lasciando intendere che non è una lotta tra due tipi di femminismo, ma tra due donne, Carmen Calvo e Irene Montero, appartenenti a generazioni e partiti diversi, con la prima, che aveva la delega delle Pari Opportunità, prima dell'alleanza con Podemos, sentitasi messa da parte all'arrivo dell'altra. "Non ci sono mai stati problemi nel Partito Socialista sull'autodeterminazione. Prima del 2019, il PSOE l’ha votata e portata al Congreso de los Diputados (la Camera) con la riforma del 2007. L'abbiamo votata nel 2016 nel Parlamento di Madrid, in Andalusia, Comunitat Valenciana, Baleari e Canarie. Tutti questi supposti dubbi sono nati dopo il 2019, quando si entra a far parte di una coalizione di Governo e il Ministero delle Pari Opportunità finisce all'altro partito. Le stesse persone che adesso dicono che sia un problema, nel 2019 uscirono alla porta del Congreso per farsi la foto, dopo aver votato l'autodetemrinazione e la depatologizzazione. Non è possibile che allora non fosse un problema e adesso lo sia".
Antonelli vorrebbe che Pedro Sánchez prendesse in mano la situazione e garantisse l'urgenza e l'approvazione della Legge entro la fine dell'anno. Anche Unidas Podemos sta facendo pressione sul Presidente del Governo, affinché rispetti i patti e il programma stabilito insieme. La tensione tra i due partiti è molto alta e toccherà a Pedro Sánchez fare ordine. Nel femminismo il dibattito continuerà.
I nuovi orizzonti di Javier Bardem e Penélope Cruz
Sono la power-couple del cinema spagnolo. Insieme Javier Bardem e Penélope Cruz significano 2 Premi Oscar e 8 candidature, 1 Golden Globe e 9 candidature, 2 Premi BAFTA, 9 Premi Goya e 23 candidature, 3 Coppe Volpi, solo per citare i premi più prestigiosi che hanno vinto in 30 anni di carriera. Lui, ultimo discendente di una saga di attori di sinistra di tre generazioni; sua madre Pilar è stata un'icona delle donne spagnole, per come ha saputo gestire la sua carriera e, separata, una famiglia di tre figli, a cui non ha fatto mancare niente, emblema di tutte le rivendicazioni femministe e inclusive della democracia. Lei, figlia della piccola borghesia madrilena, con il sogno inusuale di diventare attrice sin da bambina; così peculiare che ha poi coinvolto i fratelli minori, Mónica, prima ballerina di flamenco e poi attrice, ed Eduardo, cantante e musicista di colonne sonore.
I Brangelina di Spagna mancati
Si sono incontrati nel 1992, sul set di Prosciutto prosciutto! di Bigas Luna, prima grande occasione per entrambi. 23 anni Javier e 18 Penélope, leggenda vuole che lui abbia avuto una certa inclinazione per lei sin da allora e che l'abbia sempre seguita da lontano. Si sono poi rivisti 15 anni e molti amori patinati (di lei) e discreti (di lui) dopo, sul set di Vicky Cristina Barcellona, dimenticabile film di Woody Allen; a ottobre 2007, Hola li scopriva in vacanza alle Maldive, la conferma della relazione più mediatica che il cinema spagnolo potesse immaginarsi.
Avrebbero potuto diventare i Brangelina di Spagna, una coppia potente e apprezzata in patria e all'estero, ma le loro scelte sono state altre. A lungo hanno avuto forti difficoltà con i media, rifiutandosi persino di posare insieme nei photocall. C'è stato un tempo in cui sono stati sostanzialmente antipatici anche al pubblico di casa. Il loro successo a Hollywood, le frequentazioni con l'aristocrazia del cinema mondiale, i rari ritorni in patria, tenendo i media sempre alla dovuta distanza, avevano fatto nascere la leggenda metropolitana di uno scarso attaccamento al proprio Paese. Nelle poche interviste rilasciate, rifiutavano di parlare della loro vita privata, rivelando, soprattutto lei, una feroce diffidenza. Le battaglie politiche di lui, diventato milionario grazie al suo lavoro, ma vicinissimo alle istanze degli indignados, lo facevano irridere dai conservatori, che lo consideravano, e in fondo continuano a considerarlo, un comunista con il Rolex, quindi uno da non prendere sul serio, perché vota a sinistra abitando nella ZTL (come se chi abita nei quartieri privilegiati non avesse diritto a volere una società più inclusiva e rispettosa dei diritti di tutti).
Il ritorno in Spagna e la svolta
La svolta è arrivata quando, dopo la nascita di Leo, hanno deciso di tornare a vivere in Spagna. Volevano per i figli, Luna è nata poi a Madrid, un'educazione spagnola, un'identità certa e una frequentazione con le famiglie rimaste in patria. Di lì in poi, Penélope e Javier si sono rilassati. Non solo hanno finalmente accettato di posare insieme nei photocall, ma hanno anche iniziato una certa operazione simpatia. Sorridenti e contenti alle cerimonie dei Premi Goya, che non hanno mai saltato se non impossibilitati da impegni su set troppo lontani, neanche quando non avevano palesemente possibilità di vittoria, scherzosi sui red carpet, più aperti nelle interviste, ironici e autoironici. Parlano con parsimonia del loro amore, anche se finalmente non lo nascondono più. Anzi, al ritirare l'ultimo Goya vinto, pochi mesi fa, Javier ha fatto una pubblica e romanticissima dichiarazione d'amore alla moglie: "Penélope è la donna che amo, rispetto, ammiro e celebro ogni giorno". Si sostengono e manifestano orgoglio per i successi dell'altro, quest'anno erano entrambi candidati all'Oscar, nessuno dei due l'ha vinto, ma Bardem ha sostenuto di essere più emozionato per la candidature della moglie che per la sua, visto il gran lavoro fatto da lei in Madres paralelas, il film di Pedro Almodóvar per cui era candidata.
Penélope produttrice, Javier canta e balla
Il successo internazionale ha dato loro la tranquillità per dedicarsi ai progetti che amano e con cui sorprendono. Penélope flirta da tempo con la produzione, chissà non veda lì il suo futuro, ha lanciato recentemente una propria casa di produzone, Moonlyon, dal nome dei suoi figli; ha prodotto anche il suo ultimo film, En los márgenes, presentato poche settimane fa a Venezia e debutto alla regia dell’amico con cui ha iniziato la carriera, l'attore Juan Diego Botto. Javier osa l'impensabile, ve lo immaginereste cantante e ballerino in un film per famiglie? È appena successo in Lilo, mi amigo cocodrilo, che uscirà a cinema a fine mese. Interpreta Héctor P. Valenti, con un look da attore un po' sfigato degli anni '30, e rivela insospettabili capacità canore, recitando accanto a un coccodrillo. Un film lontano dalle sue precedenti interpretazioni, con cui esplora nuovi orizzonti del suo talento: del resto, quando hai già dimostrato tutto, puoi permetterti di sperimentare qualunque cosa. Bardem ha girato questo film per i suoi figli e per sua madre, scomparsa l'anno scorso, che aveva insistito affinché accettasse il ruolo. Sarà il primo film che i bambini potranno vedere del loro famoso papà e sembra siano galvanizzati, mentre Javier, più sorridente e spiritoso che mai, ha detto a TVE che ha paura del giudizio dei figli, il più importante di tutti, e ha lanciato loro un messaggio scherzoso: "So che vi vergognerete a vedermi così, la verità è che fatto questo filmo apposta per voi, per cui se adesso vi vergognate è colpa vostra!"
Le foto:
la bandiera arcobaleno dei movimenti LGTBI da Onda Cero
Penélope Cruz e Javier Bardem da US Weekly