La maternità surrogata di Ana Obregón. La cristianizzazione della Moschea di Córdoba
A 68 anni l'attrice ha avuto una figlia da una madre surrogata e ha causato veementi reazioni. La Chiesa di Córdoba intende ridimensionare l'eredità islamica della Moschea e suscita proteste feroci
#10/2023
Due temi controversi per questa ultima newsletter di marzo. L’attrice Ana Obregón è diventata madre a 68 anni grazie a un utero in affitto negli USA e in Spagna, dove la pratica è illegale, sono riprese le polemiche che dividono la politica sull’argomento. A Córdoba la Chiesa ha presentato un nuovo Piano per la Moschea-Cattedrale, con il quale cerca di ridimensionare il legato islamico, suscitando le proteste dell’opinione pubblica e mettendo a rischio il riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità.
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Ana Obregón scatena il dibattito sull’utero in affitto: presto la legge?
Anche in Spagna il tema della maternità surrogata è tornato prepotentemente alla ribalta. Ma non per omofobia, come in Italia. Un paio di giorni fa, mercoledì 29 marzo, il magazine Hola! sorprendeva il Paese con una copertina choc: a 68 anni, l'attrice e presentatrice Ana García Obregón ha avuto una bambina, Ana, attraverso un utero in affitto, a Miami, negli Stati Uniti.
Chi è Ana Obregón?
Ana è uno dei volti televisivi più popolari di Spagna. È balzata agli onori delle cronache alla fine degli anni Settanta, grazie a un amore con Miguel Bosè e da allora non ne è più uscita. Figlia della buona borghesia madrilena, ha saputo costruire il proprio personaggio con molta abilità, mescolando partecipazioni a film, serie tv (la più famosa è Ana y los siete), conduzione di programmi come la versione spagnola di Scommettiamo che?, e amori famosi. Il più importante è stato con il conte italiano Alessandro Lequio, nipote dell'Infanta Beatrice di Spagna (era la sua nonna materna, cosa che gli permette di essere imparentato con la Casa Reale spagnola e, di striscio, con quella lussemburghese, essendo la principessa Sybilla sorella di sua madre Sandra). Dalla loro relazione è nato nel 1992 Alessandro, il suo unico figlio, sua luce e sua grande tragedia: è morto nel 2020, dopo due anni di lotta contro una rara forma di cancro. Per ricordare il figlio, Obregón e il conte hanno creato la Fondazione Aless Lequio, che raccoglie fondi per la ricerca. Poi, a giugno 2022, Ana ha deciso di voler essere di nuovo madre. Sua figlia è nata a Miami il 20 marzo da una madre surrogata; il ritorno a Madrid con la bambina è previsto per i prossimi giorni.
In Spagna la maternità surrogata non è legale
La copertina di Hola!, in cui l'attrice tiene in braccio la figlia, all'uscita dell'ospedale, ha suscitato un'ondata di veementi reazioni. In Spagna la maternità surrogata non è legale: è un tema controverso che nessun partito osa affrontare. Lo stesso femminismo è diviso tra chi sostiene la libertà della donna di usare il proprio corpo e chi ritiene che sia comunque una forma di sfruttamento da impedire. Ma, anche se non è legale, dal 2010 è stato stabilito un meccanismo che permette l'iscrizione all'anagrafe dei bambini nati all'estero; i genitori devono mostrare alle autorità spagnole un documento, emesso da un tribunale nel Paese in cui è avvenuta la gestazione, che attesta la nascita del figlio e il rispetto dei diritti della madre naturale. Un modus operandi che i Governi che si sono succeduti hanno fatto finta di non vedere e che ha sostanzialmente favorito le classi agiate, dato che si possono permettere più facilmente i viaggi e i soggiorni all'estero e tutte le spese conseguenti. La mancanza di leggi non impedisce però l'esistenza di un fenomeno e così il Tribunal Supremo spagnolo ha stabilito che la protezione del bambino prevalga sempre su tutte le altre considerazioni. Insomma, i piccoli nati da maternità surrogata vengono iscritti sempre al Registro Civil.
Le reazioni dei politici
Tra i primi a reagire, la Ministra dell'Uguaglianza Irene Montero, che vorrebbe una legge contro la maternità surrogata, considerandola una forma di violenza e di sfruttamento delle donne. E questo concetto ha ribadito subito, chiedendo di non dimenticare "le donne che ci sono dietro", dato che si rischia "una discriminazione per povertà". Sulla stessa linea il PSOE, che considera la "maternità surrogata una pratica di sfruttamento del corpo delle donne"; la segretaria dell'Organizzazione Lilith Verstrynge ha chiesto che siano prese misure affinché "non si possa fare attraverso secondi o terzi Paesi" e ha ricordato che per la nuova legge sull'aborto i ventri in affitto sono "una violenza riproduttiva". Se bisogna sentire empatia per le persone che non possono diventare genitori in modo naturale, sostiene, bisogna averne anche "per le donne che sono dall'altra parte e mettono il proprio utero a disposizione di terzi, in molte occasioni più ricchi".
Il PP pronto a regolare la gestazione surrogata
La sorpresa è arrivata dal PP, che per la prima volta si è mostrato disponibile a una regolazione della maternità surrogata, "un tema complesso che merita dibattiti profondi e sereni" ha detto la capogruppo al Congresso Cuca Gamarra. L'estrema destra di Vox ha invece confermato la propria posizione contraria e chiede che sia impedita anche questa legalizzazione di fatto dell'utero in affitto: se in Spagna è proibita, ma poi si riconoscono i bambini nati da gestazioni surrogate all'estero, non è di fatto un'ammissione della maternità tramite altre donne? Temi complessi, che richiedono posizioni non ideologiche e che non possono essere affrontati sull'onda delle emozioni del momento, ma, come suggerisce il PP, con calma e serenità.
Ciudadanos, l'unico partito a favore della maternità surrogata
Per chiudere, riporto alcuni passaggi di un articolo pubblicato da Vanitatis e firmato da Begoña Villacís, vicesindaca di Madrid e uno dei membri più in vista di Ciudadanos, la formazione liberal-progressista a rischio scomparsa alle prossime elezioni. Mi riconosco in questa posizione, credendo soprattutto nella libertà di ogni essere umano, uomo o donna che sia, di gestire il proprio apparato riproduttivo come meglio crede; lo propongo perché è un punto di vista minoritario, a cui viene dato poco spazio, forse proprio perché difende la libertà delle donne di gestire il proprio utero in autonomia, senza altri codici morali che non siano i propri. "È incoerente, per non dire molto ipocrita, difendere l'indipendenza delle donne sul proprio corpo per alcune cose e non per altre. La libertà deve essere completa o non è degna di questo nome. Gridano 'noi partoriamo, noi decidiamo' solo per riferirsi all'aborto ma non alla gravidanza. Chiaritevi, non si trattava di mettere al centro il consenso? Il consenso è anche nella gestazione per un'altra persona" scrive, riferendosi soprattutto a Irene Montero. "Semplicemente, vietare la maternità surrogata è voler vietare una realtà che, piaccia o no, esiste nella società. (…) Per fortuna la società è molto più avanti e infatti solo due mesi fa un sondaggio del quotidiano El Mundo ha rivelato che il 58,3% degli spagnoli è favorevole a legiferare e legalizzare la maternità surrogata. E questo è esattamente quello come bisogna fare, come già hanno fatto il Canada o il Portogallo". Per Ciudadanos la maternità surrogata dev'essere altruista, cioè senza compenso economico per la donna che mette a disposizione il proprio utero, al di là delle spese per la copertura dei bisogni sanitari derivanti dalla gravidanza e dal parto; le donne che prestano il proprio utero, inoltre, devono dimostrare di avere risorse economiche proprie e sufficienti.
La Chiesa di Córdoba vuole cancellare il legato islamico nella Moschea
La Mezquita di Córdoba, in Andalusia, è uno dei luoghi più spirituali che si possano visitare, un'emozionante mescola di Storia e di storie. Costruita in diverse fasi durante il Califfato, dall'VIII secolo dopo Cristo in poi, porta con sé una foresta di colonne con capitelli di origine romana e visigota, due file di archi bicolori sovrapposti ispirate dagli acquedotti romani, preziosi mosaici bizantini per il mihrab, il luogo più sacro di una Moschea, e un'invadente Cattedrale cattolica che si meritò la celebre frase dell'imperatore Carlo V agli architetti: "Avete distrutto qualcosa di unico per costruire qualcosa che si trova ovunque".
La Chiesa si appropria della Moschea-Cattedrale
Ed è ancora una volta l'invadenza della Chiesa Cattolica, che vuole affermare il proprio primato sul monumento, a destare l'allarme di storici, architetti e della stessa UNESCO, essendo la Moschea Patrimonio dell'Umanità. Nel 2006, la Chiesa ha registrato la Moschea come una propria proprietà, grazie ai privilegi accordati da una legge franchista del 1944, ampliati poi da un decreto di José Maria Aznar nel 1998 (in questo modo la Chiesa cattolica si è intestata la proprietà di oltre 20mila templi spagnoli, con una spesa di circa 30 euro l'uno; tra loro, oltre alla Moschea, anche la Cattedrale di Siviglia). Tra il 2000 e il 2016 ha preteso che venisse chiamata solo "Cattedrale di Córdoba", eliminando Moschea (ha dovuto poi desistere, anche per l'orgoglio dei cordobesi per il loro monumento, il terzo più visitato di Spagna, dopo l'Alhambra di Granada e la chiesa della Sagrada Famiglia di Barcellona). Nelle brochure distribuite ai turisti, la costruzione e i primi secoli di vita dell'edificio venivano descritti come "intervento islamico". Il tentativo di ridimensionare la presenza musulmana prosegue con il nuovo Piano Direttivo della Moschea-Cattedrale, non ancora approvato dall'Assessorato alla Cultura della Junta de Andalucia, che prevede l'ampliamento del Museo Diocesano, dotato di un nuovo Centro di interpretazione del monumento.
La cristianizzazione della Mezquita
El País ha avuto accesso ai documenti sulla riforma, in cui si legge che la "necessità di ridisegnare tutto lo spazio deriva dalla constatazione che Córdoba è marcata da un'etichetta culturale molto potente, quella di città musulmana. La riduzione culturale è così forte che eclissa il brillante passato visigoto, romano e cristiano, ricco di manifestazioni artistiche e che ha lasciato tracce indelebili nella storia e nella cultura attuali della città". Il Centro d'interpretazione sarà collocato nel Palazzo Episcopale, insieme alla biglietteria della Moschea, attualmente nel Giardino degli Aranci, il tradizionale cortile che precede le moschee andaluse. La cosa ha allarmato i cittadini: al momento l'ingresso al Giardino è gratuito e si paga solo quello alla Mezquita, ma con lo spostamento della biglietteria, sarebbero entrambi a pagamento. Non è solo questo: il tema del dibattito è soprattutto la centralità che il Palazzo Episcopale e la Chiesa assumerebbero nell'immagine della Moschea, riducendo il suo significato multiculturale. La cristianizzazione del monumento ha già causato diversi scontri con i cordobesi e persino con il Tribunal Supremo. Nel 2017 è stata smantellata una delle gelosie degli ingressi, per permettere l'accesso al monumento delle statue della Settimana Santa, e, nonostante il Tribunal Supremo abbia imposto di ricollocarla nel 2021, la Chiesa non l'ha ancora fatto. All'interno del tempio numerosi altari cristiani tendono a spezzare le prospettive verso i luoghi più belli dell'architettura islamica, così da imporre la fede cristiana su quella islamica. E qui interviene l'UNESCO.
A rischio il riconoscimento di Patrimonio dell'Umanità
"Una delle ragioni fondamentali per cui l'UNESCO ha concesso il riconoscimento di Patrimonio dell'Umanità è che si tratta di una mezquita-catedral; la promozione di una religione al di sopra dei valori rappresentati dalla mezquita-catedal potrebbe avere le sue conseguenze" ha detto a El País Federico Mayor Zaragoza, direttore dell'UNESCO tra il 1987 e 1999 "Prima è stata una moschea e poi, mantenendo la struttura, è stata una cattedrale ed è quello che rappresenta: l'integrazione religiosa, la pluralità e una visione ampia della convivenza tra culture". E questa è davvero una cosa emozionante. Entrare nella Moschea-Cattedrale, perdersi in quella ritmica foresta di colonne e veder pregare cristiani davanti ai loro altari e musulmani che passeggiano sgranando il loro misbahah (anche se la Chiesa ha loro vietato di pregare nel monumento) riempie il cuore di pace, tolleranza, convivenza, valori che la Chiesa di Córdoba sembra non voler riconoscere come propri.
Previsti 80 milioni di euro di entrate dalla Moschea
Il Piano Direttivo presentato dalla Chiesa prevede entrate di 80,5 milioni di euro fino al 2030 dalla sola vendita degli ingressi. "Nel 2022, dopo la pandemia, le visite hanno recuperato e sono arrivate a 1,5 milioni all'anno, nel 2019, l'anno di maggiore affluenza della storia furono 2.079.160, che lasciarono nelle casse della chiesa circa 15.427.000 euro, dei quali un 33% è stato destinato alla manutenzione e conservazione del complesso e il resto a diverse attività come la vigilanza, la sicurezza, il personale" scrive El País. A Córdoba è nata la Plataforma Mezquita-Catedral, per difendere la storia del monumento e impedire la sua cristianizzazione forzata, mentre i cordobesi, che hanno capito meglio della loro Chiesa il senso del loro prezioso monumento, continuano a dire "vado a sentire la Messa in Moschea". Multiculturali e tolleranti, come il DNA della loro città, faro di cultura e di sapere già 1200 anni fa, quando l'Europa si dibatteva nel buio del Medioevo.
Le foto:
Ana Obregón dalla copertina di Hola! di questa settimana
La Mezquita-Catedral di Córdoba da scopricordova.com
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