Reconciliación: l'autobiografia in cui re Juan Carlos dà la sua versione
Uscirà il 12 novembre in Spagna e in Francia, è stata scritta con la giornalista francese Laurence Debray ed è il tentativo di riparare all'ingiustizia che il re sente di aver subito in questi anni.
Questa è cosedispagna, una newsletter di cadenza settimanale in cui racconto la Spagna che mi colpisce e che difficilmente trova posto sui media italiani.
Oggi parliamo di Reconciliación, l'autobiografia scritta da re Juan Carlos ad Abu Dhabi, per ricordare gli anni della gloria e quelli della caduta, "senza nascondere niente". È la prima volta che un re prende carta e penna per raccontarsi. Servirà a qualcosa? Probabilmente no.
Reconciliación: l'autobiografia in cui re Juan Carlos dà la sua versione
Nella residenza dorata di AbuDhabi, dove il tempo scorre lento, re Juan Carlos I ha scritto la sua autobiografia. Per mesi ha chiesto ad amici e parenti di fornirgli dati, fotografie, biglietti, lettere, portatigli dalle figlie Elena e Cristina. Secondo le prime informazioni sul libro, risalenti a mesi fa, re Felipe poteva stare tranquillo: nessun attacco, nessuna polemica, semplicemente i ricordi di un uomo anziano con tanto tempo a disposizione e molta voglia di ricordare la propria vita straordinaria e avventurosa. Difficile immaginare che sia proprio così.
Il libro, scritto con la collaborazione della giornalista francese Laurence Debray, uscirà in Spagna e in Francia il 12 novembre 2025, una data da tenere ben a mente. Si intitola Reconciliación, anche se di riconciliatorio deve avere poco. La casa editrice spagnola è Planeta, una delle più importanti e prestigiose. Il re emerito spagnolo si racconta in prima persona e rivendica la propria storia, perché "sente che gliela stanno rubando". Qui di seguito la presentazione del libro che Hola ha estratto dalla versione francese:
"Questo libro ha lo scopo di rimediare a un'ingiustizia. Se un monarca europeo riprende in mano la penna dopo quarant'anni di regno, cosa molto insolita, è perché l'esilio ad Abu Dhabi, i resoconti sensazionalistici della stampa rosa e gli errori di un re che è anche un uomo con debolezze e tentazioni hanno offuscato quello che è stato un successo democratico esemplare. Ciò che qui apprendiamo in dettaglio, attraverso immagini impattanti e aneddoti curiosi, sia sul Paese che sulle numerose glorie straniere frequentate da Juan Carlos, è soprattutto la storia di una liberazione. C'è un Paese che, dopo una terribile guerra civile, è stato guidato da un generale austero e taciturno, Francisco Franco, sostenitore di un'autocrazia militarizzata e cattolica. Un generale che, violando la regola dinastica della successione, sceglie un principe giovane e inesperto per succedergli. A scapito del padre, che resta in esilio. Mettendo a rischio la propria vita, come dimostrano i numerosi tentativi di attentato. Mettendo in pericolo un destino in cui non è più padrone di se stesso. Questo giovane monarca, addestrato dall'esercito, si è liberato dal suo protettore e tutore al punto di trasformare la Spagna in bianco e nero, povera e agricola, in alcune zone impantanata nel passato della Guerra Civile, in uno Stato moderno, democratico, prospero e vivace. Come si è verificata questa trasformazione radicale? A quale prezzo? Il tentativo di colpo di stato del 23 febbraio 1981 fu sventato sotto l'autorità di un solo uomo: Juan Carlos. Suggellò l'unione tra un monarca modernizzatore e una Spagna che voleva l'Europa, non la reclusione delle tradizioni.
Così, da Valéry Giscard d’Estaing alla cugina Lilibet, regina d’Inghilterra, passando per i Bush, padre e figlio, dall’infanzia insieme agli Orléans all'esilio volontario con i suoi "fratelli" negli Emirati Arabi Uniti, dal Palazzo della Zarzuela alle escursioni nautiche di uno sportivo appassionato, queste memorie fanno finalmente rivivere questo Re Lear, che suo figlio, re Felipe, non visita più e che, mentre si avvicina il finale, pensa come tutti alla sua terra natale, che ama e per la quale sente nostalgia. Qui spiega i suoi errori e le sue cattive decisioni. Non nasconde nulla di quello che lamenta. Parla con il cuore in mano, come chi sa di non avere molto tempo a disposizione e preferisce confessare piuttosto che mentire. "Non ho il diritto di piangere", dice. No, ma ha il diritto di dire la verità".
Il testo spiega le intenzioni del re, del tutto comprensibili. Una delle cose che dispiacciono di più della sua parabola è proprio questa: gli errori, gli scandali e l'arroganza di chi si sente impune hanno offuscato quanto ha fatto durante la Transición affinché la Spagna fosse democratica. Non solo, avendo in mano tutti i poteri alla morte di Francisco Franco, ha scelto di privarsene, attraverso la Costituzione, che ha ridotto il monarca a una figura rappresentativa. Ma ha scelto la legalizzazione del Partito Comunista e il rientro di tanti esuli repubblicani. Erano gli anni '70, la Spagna era un Paese fortemente diviso: una parte temeva la reazione dell'Esercito, ancora potentissimo, l'altra temeva l'arrivo dei comunisti. Due Paesi in uno, che per quarant'anni, tanto è durata la dittatura, non si sono parlati e magari si fossero limitati a ignorarsi, no, si sono proprio odiati, perché il franchismo ha dato tutto alla parte più tradizionalista, negando ogni diritto, pena la morte, l'esilio o la povertà alla parte più progressista. Ricordare i contesti è sempre fondamentale.
Davanti alle grandi figure storiche, e Juan Carlos lo è, manca sempre l'obiettività dei contemporanei. Per il re spagnolo ci sono soprattutto ammiratori o detrattori, monarchici o repubblicani, e poca voglia di inquadrare la sua azione nei contesti in cui è avvenuta. Davvero si possono ricordare i cinquant'anni dalla morte di Franco senza citare re Juan Carlos? Davvero si possono festeggiare i quarant'anni della Costituzione senza accennare al giovane re che l'ha voluta? Non è un'ingiustizia verso Juan Carlos, è un'ingiustizia verso la Spagna e la sua storia. Forse gli esseri umani hanno bisogno di eroi, o viviamo tempi convulsi e radicali, che non ammettono la convivenza di debolezze e virtù e vogliono solo eroi irreprensibili da una parte e cattivi pronti per l'inferno dall'altra. Ma è difficile che sia così: quasi sempre dove ci sono luci, ci sono ombre e bisognerebbe avere la capacità e la volontà di guardare alle figure controverse in modo da riconoscerne pregi e difetti. Ci vuole tempo, vero, ma è proprio quello che l'87enne Juan Carlos non ha.
Il 2 giugno, in occasione degli 11 anni dalla sua abdicazione (sì, ha abdicato nell'anniversario della Repubblica Italiana, per questo è facile ricordarlo), Vanitatis, quotidiano digitale d'informazione soprattutto rosa, ha pubblicato il suo Rapporto Annuale sulla monarchia, con dati sull'indice di gradimento dei diversi membri della Famiglia Reale. Ed emerge forte il vero tallone d'Achille dell'istituzione: la sostanziale indifferenza dei giovanissimi, più repubblicani che monarchici. Un altro dato molto interessante: l'immagine della monarchia è fortemente legata al periodo della propria gioventù. Quindi per chi è stato giovane durante la Transición, e ha visto il giovane Juan Carlos impegnarsi per la democrazia, o negli anni Ottanta, ovvero durante l'apogeo del suo regno, quando la Spagna è entrata in Europa e ha iniziato a raggiungere i Paesi europei anche in termini di benessere, l'immagine della monarchia è più solida. Chi invece è stato giovane all'inizio del XXI secolo e si è trovato davanti a un re anziano, invischiato in scandali sentimentali e fiscali, che ha usato la propria moral suasion per vantaggi personali, che ha avuto amicizie inadeguate e pericolose, ha un'idea dell'istituzione tendente al negativo e una preferenza per la repubblica come forma dello Stato.
Reconciliación potrà cambiare le cose? No. Senza aver ancora letto il libro, che ovviamente leggerò, avendo una lontana memoria della Transición e una più definita del re giovane e bello che cavalcava gli anni Ottanta, diventando un esempio per gli aspiranti monarchi di Paesi in cerca di libertà (ancora oggi Reza Ciro, pretendente al trono dell'Iran, dichiara di ispirarsi alla figura di re Juan Carlos per portare la democrazia nel suo Paese). L'autobiografia è probabilmente il modo trovato dal re per fare pace con se stesso, ma difficile possa farla con i giovani spagnoli.
Juan Carlos non ha più tempo ed è proprio per questo che non vedrà in vita un riequilibrio della sua storia, che metta insieme meriti ed errori, intuizioni felici e sbagli imperdonabili. Per quanto mi riguarda ha un grande merito, sintetizzato da una frase di un film di Pedro Almodóvar, Carne trémula: "La Spagna non ha più paura". Grazie a lui il suo Paese non ha più paura e paradossalmente non teme di giudicarlo con la durezza che gli dedica in questi anni.
Citazione della settimana
"La piaga principale che noi giornalisti affrontiamo sono i bassi stipendi. In altre parole, il lavoro di un giornalista deve essere ben pagato, perché ci confrontiamo con poteri forti e riveliamo informazioni che hanno ripercussioni su persone a cui non piace che lo facciamo.".
(Silvia Intxaurrondo, giornalista e scrittrice, in una bella intervista a publico.com)
Tenendo le fila
Custodia cautelare senza cauzione per Santos Cerdán, l'ex Segretario organizzativo del PSOE accusato di aver preso tangenti nell'assegnazione di opere pubbliche. Lo ha stabilito il giudice Leopoldo Puente dopo l'interrogatorio dell'ex numero 3 del PSOE. La decisione è stata presa a causa del forte rischio di fuga e di distruzione delle prove. Cerdán ha negato tutte le accuse di corruzione, traffico di influenze e appartenenza a un'organizzazione criminale. Con lui sono coinvolti il suo predecessore José Luis Ábalos, che è stato anche Ministro dei Trasporti del primo Governo di Pedro Sánchez, e Kordo García, tuttofare di Ábalos. Il 5 luglio, un Comitato Federale del PSOE dovrà dare risposte al Paese e ai militanti. A rischio, il Governo progressista.
Arriva un weekend di fuoco per la politica: non solo il Comitato Federale del PSOE, ma anche, e soprattutto, il Congresso Nazionale del PP, che dal 4 al 6 luglio, a Madrid, definirà il partito per le prossime elezioni. La prima, sorprendente novità è che la Segretaria Generale Cuca Gamarra ha chiesto al presidente Alberto Núñez Feijóo di essere sostituita nella carica. Non intende lasciare la Direzione del PP, però sì la Segreteria Generale, che occupa da aprile 2022, da quando Feijóo è arrivato alla presidenza. Perché? Perché tocca, semplicemente. Orgogliosa di quanto fatto per "l'unità del partito e il recupero della leadership", adesso vuole responsabilità in cui possa essere utile "perché non si tratta di ego, ma della Spagna e della democrazia".
Le ragazze, più progressiste; i ragazzi, più conservatori. Le prime sono più vicine alla sinistra e danno un forte sostegno al femminismo, all'uguaglianza, alle politiche sociali, ai diritti LGTBIQ; i secondi tendono verso destra e appoggiano le stesse cause, ma con meno convinzione. Lo sostiene il rapporto Gioventù in Spagna 2024, che ha intervistato 5.500 giovani in tutto il Paese. Un fenomeno non solo spagnolo e che Amparo Calabuig, esperta in Studi di Genere, intervistata da Público spiega così: "È la risposta del patriarcato ai progressi del femminismo. I giovani sono stati i principali obiettivi di questa reazione; strumentalizzando il malessere causato da frustrazione, insicurezza, mancanza di aspettative, si sono offerti come nemici prefabbricati il femminismo, l'immigrazione, l'uguaglianza".
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