Barcellona senza appartamenti turistici dal 2028
La città catalana si libererà degli appartamenti turistici senza adottare alcuna norma. A Ibiza la follia del caro-affitti fa scappare i residenti in altre regioni. È l'ora del turismo etico?
Questa è cosedispagna, una newsletter di cadenza settimanale in cui racconto la Spagna che mi colpisce e che difficilmente trova posto sui media italiani.
Oggi parliamo dell’ultimo provvedimento di Barcellona contro la proliferazione degli appartamenti turistici, che permetterà alla città di non averne più dal 2028. La scelta ha suscitato le proteste dei proprietari, ma è il segnale che il modello ha bisogno di un controllo.
Barcellona si libera degli appartamenti turisti
Nuovo capitolo della lotta delle città spagnole agli appartamenti turistici, che stanno snaturando i centri storici. Il sindaco di Barcellona Jaume Collboni, alla guida di un governo socialista di minoranza, ha annunciato che dal 2028 non ci saranno più appartamenti turistici nel capoluogo catalano. Com'è possibile?!
Il sindaco ha preso alla lettera un decreto della Generalitat catalana, che, spiega El País, "prevede che nei 262 comuni catalani con problemi di accesso agli alloggi, i Consigli Comunali elaborino piani urbanistici per stabilire quanti appartamenti turistici ammettere e dove"; le licenze attuali, inoltre, scadranno nei prossimi cinque anni, come una sorta di "risarcimento per la cessazione di un'attività che porta enormi benefici, ma il cui permesso a Barcellona richiedeva solo una dichiarazione e meno di 300 euro". Grazie a questa legge, Collboni ha deciso di non preparare alcun piano e di lasciar semplicemente scadere le licenze. Barcellona si libererà così degli appartamenti turistici, senza fare niente.
Una scelta quasi geniale per risolvere il problema, ma ovviamente non ha lasciato indifferenti i proprietari di questi appartamenti, riuniti in Apartur. Il presidente Enrique Alcántara intende ricorrere alle vie legali, ma fonti giuridiche consultate da El País e da El Diario sostengono sia difficile che abbia successo. "Non si può andare dal giudice e dirgli di chiedere al Comune di regolamentare gli appartamenti turistici" hanno detto a El Diario. "Il sindaco è stato furbo, perché ha scelto di non fare nulla. Accetta il decreto del Governo e lascia passare il tempo. Non c’è alcuna norma comunale impugnabile" hanno spiegato a El País. Però Alcántara sostiene che la legge della Generalitat, che concede una proroga di cinque anni, sia "un'espropriazione del diritto dei proprietari di sfruttare la propria casa come casa turistica, che è un diritto acquisito". Contro la legge, approvata a novembre 2023, il Partido Popular ha già presentato ricorso alla Corte Costituzionale. Ma il problema posto da Barcellona è molto serio e nelle isole Baleari se ne leggono le conseguenze ultime.
Nei giorni scorsi El País (ancora lui) ha pubblicato un reportage da Ibiza, dove i lavoratori vivono nei caravan e molti ibicencos stanno pensando di lasciare la loro isola a causa del caro-affitti. Vi propongo le cifre che raccontano la locura, la follia, che si sta vivendo nell'isola baleare: "(…) il metro quadrato più costoso di Spagna, nei Comuni con più di 25.000 abitanti, si trova a Santa Eulària des Riu, a Ibiza, situato nel nord-est dell'isola , e costa 5.194 euro. Al secondo posto c'è la città di Ibiza, con 4.624 euro. Segue San Sebastián [Paesi Baschi] (4.378 euro al metro quadrato). A Madrid il metro quadrato è di 4.015 euro e a Barcellona è di 3.767. Per avere un'idea dell'aumento vertiginoso dei prezzi, vale la pena sapere che nel 2010 lo stesso metro quadrato a Santa Eulària des Riu costava 2.291 euro e a Ibiza 1.297. A Madrid, in quel momento, si pagava 2.375". E poi ci sono gli affitti: nelle agenzie immobiliari ibicencas, "un bilocale sul Paseo de Ses Figueretes, vicino al mare, che l'anno scorso costava 800 euro al mese, ora viene affittato a 2.500". Su Telegram, scrive ancora il quotidiano madrileno, "troverete stanze a 1.000 euro (più un mese di cauzione), oppure posti letto in camera condivisa a 550 euro al mese, oppure stanze per coppie in case di campagna condivise al prezzo di 1.500 euro al mese".
Così succede che a un professore convenga risiedere a Maiorca e volare tutti i giorni a Ibiza per le lezioni; o che una coppia di professionisti di un ospedale, che guadagna circa 2800 euro mensili in due, abbia chiesto il trasferimento in Castiglia La Mancia perché, nata la figlia, non trova più una casa adeguata e "non vogliamo essere poveri"; a Ibiza non vogliono andare a lavorare i dipendenti pubblici di altre regioni, perché non vogliono diventare matti per trovare casa e lasciare il 90% dello stipendio negli affitti. Tra speculazione e necessità, Ibiza sta vivendo un'autentica follia, a cui qualcuno dovrà prima o poi porre rimedio, perché un modello basato su appartamenti turistici e turismo fuori controllo, che espelle i residenti e i lavoratori dagli appartamenti, non ha molte possibilità di durare.
E qui entriamo in gioco noi, con le nostre scelte e con il nostro modo di andare in vacanza. Non sarebbe ora di adottare un turismo etico? Di dire basta al modello AirBnB e all'appartamento nel centro storico a causa del quale vengono espulsi gli abitanti storici e relativi esercizi commerciali? Che senso ha andare a visitare Ibiza, ma anche Amsterdam, Roma o Berlino, che stanno vivendo gli stessi problemi, per trovare poi ovunque le stesse grandi catene dell'abbigliamento low cost, gli stessi fast food e i souvenir made in China? Viene in mente l'imperatore Carlo V, che al vedere la Cattedrale cristiana nella Moschea di Córdoba commentò "Avete distrutto qualcosa di unico per realizzare qualcosa che si trova ovunque". Sta succedendo con l'attuale modello del turismo: una globalizzazione che sta distruggendo l'identità delle città, quello che le rendeva uniche, per trasformarle in posti tutti uguali, scenografie di selfie da pubblicare su Instagram y a otra cosa mariposa (saltiamo a un altro argomento, in spagnolo; letteralmente, "ad altra cosa, farfalla").
Ma è anche un modello che renderà il viaggio sempre più elitario (chi potrà permettersi i prezzi folli degli affitti?) e che renderà le mete prescelte sempre più povere (i residenti locali espulsi e costretti a cambiare stile di vita), in favore di pochi speculatori sempre più ricchi. Abbiamo davvero voglia di essere complici di questo modello o dobbiamo iniziare a ripensarlo, partendo proprio dal nostro modo di viaggiare e di visitare altre città? La Spagna e i suoi fenomeni, come sempre, invitano a riflessioni che non ci sono estranee.
Il tema del modello turistico e delle conseguenze sullo stile e la qualità della vita nelle città diventate mete turistiche mi sta molto a cuore (ne avevo parlato in quest’articolo della newsletter).
La foto di copertina è di Adrian Dorobantu, da Pexels.
P.S.
Mi trovate anche su venividiscrissi, newsletter di interviste e riflessioni, in cui seguo le mie curiosità, senza pormi limiti di argomenti e ampliando sempre orizzonti.
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Tema attualissimo. Trovare soluzioni diventa sempre piu' urgente. E parlo da mamma di una fuorisede che ha vissuto a Venezia per tre anni e che da agosto sara' a Parigi....aiuto!
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