La Spagna ricorda i 50 anni dalla morte di Franco
Il Governo ha deciso di celebrare l'anniversario per sottolineare i progressi compiuti in cinque decenni di democrazia e per ricordare che la libertà va sempre difesa. Le dure critiche di Vox e PP.
Questa è cosedispagna, una newsletter di cadenza settimanale in cui racconto la Spagna che mi colpisce e che difficilmente trova posto sui media italiani.
Oggi si torna alla tormentata storia spagnola: il 20 novembre cadono i 50 anni dalla morte del dittatore Francisco Franco e il Governo progressista ha deciso di ricordare l’anniversario per celebrare le conquiste della democrazia. Ma non tutti sono d’accordo: il PP e Vox protestano.
Buona lettura!
La Spagna divisa anche dall’anniversario della morte di Francisco Franco
Un paio di decenni fa, quando era presidente del Governo spagnolo, José María Aznar fu ospite di Porta a porta. E a Bruno Vespa, che gli chiedeva come la Spagna avesse fatto a uscire così libera e bella da quarant'anni di dittatura, con una concordia nazionale ammirevole, lui diede una risposta che mi colpì molto: "Semplice, non ne parliamo". Non ne parliamo, con buona pace di chi è sepolto nelle fosse comuni (si calcolano almeno 40mila persone) e del dolore di chi non trova i propri morti. Non ne parliamo affinché non ci siano responsabili, non si riconoscano vincitori e vittime, aguzzini e assassinati.

Il 20 novembre 2025 ricorreranno i 50 anni dalla morte di Francisco Franco e il governo ha messo a punto España en libertad. 50 años (Spagna in libertà. 50 anni), ovvero un centinaio di eventi per "imparare, riflettere e divertirsi in musei, biblioteche, centri culturali, scuole, università, cinema e strade del nostro Paese", come si legge nel sito ufficiale dell'iniziativa, espanaenlibertad.gob.es. Un racconto degli anni della dittatura e delle conquiste della democrazia, attraverso mostre, conferenze, cinema, incontri, spettacoli, diretto soprattutto alle generazioni nate in questo secolo. "Tra i giovani, oltre il 20% dà preferenza a Vox, un partito politico che in Parlamento ha definito il franchismo una tappa di progresso e riconciliazione. Il regime imposto da Franco dal 1939 alla sua morte, nel 1975, ha cancellato la libertà di stampa e di espressione, proibite per legge, ha messo le donne in posizione subalterna, ha asfissiato culturalmente e linguisticamente le regioni con una lingua diversa dallo spagnolo, ha perseguitato con ferocia qualunque alternativa all'eterosessualità, ha cancellato la vita civile e professionale degli sconfitti sopravvissuti alla vittoria franchista e ha mantenuto in esilio decine di migliaia di spagnoli, accusandoli di essere antispagnoli" scrive El País, dando un quadro dei quattro decenni di franchismo.
Le celebrazioni sono state duramente contestate da Vox e dal PP. Per Alberto Núñez Feijóo, presidente del PP, il PSOE e i suoi alleati possono tornare "alla Spagna di Franco, noi la maggioranza degli spagnoli, speriamo in una Spagna senza Sánchez". Dunque dal PP nessuna sponda al Governo per un'analisi comune del passato e per una condanna della dittatura. Ed è un peccato che la sua scelta continui a lasciare la Spagna senza una grande forza popolare conservatrice e fieramente antifascista, come lo fu la DC in Italia e come lo è la CDU in Germania. Anche questo è un segno della singolarità spagnola.
Il Governo socialista ha deciso di celebrare l'anniversario per molte ragioni. "La maggior parte degli storici concorda sul fatto che il 1975 sia stato l'inizio del lungo e difficile processo di trasformazione politica, economica e sociale che ha permesso alla Spagna di passare da una dittatura anacronistica e isolata a una delle democrazie più piene, aperte e prospere del mondo" si legge nella pagina ufficiale. Ma non c'è solo questo. Pedro Sánchez vive la sindrome dell'assedio: il suo è ormai l'unico governo progressista di un grande Paese europeo. Ed è assediato da un'opposizione sempre più attenta alle istanze dell'estrema destra, da una magistratura guidata da giudici conservatori che hanno aperto inchieste fumose sui suoi familiari e anche dall'impopolarità di certe decisioni, soprattutto nei rapporti con gli indipendentisti catalani (difficilmente gli verranno perdonate le leggi sull'amnistia, con cui si è garantito il voto favorevole degli indipendentisti al suo Governo). La memoria della dittatura come un colpo per raddrizzare l’immagine del progressismo e per ricordare come le derive dell'ultradestra rappresentino un rischio per la democrazia: "Il nostro obiettivo è ricordare e celebrare gli importanti progressi raggiunti negli ultimi cinque decenni, rendere omaggio ai numerosi gruppi sociali e alle istituzioni che li hanno resi possibili e trasmettere il valore della democrazia in un momento in cui essa mostra segni di regressione in gran parte dell'Occidente" si legge ancora in espanaenlibertad.gob.es.

"Il fascismo che credevamo di aver lasciato alle spalle è già la terza forza politica in Germania, l'internazionale reazionaria guidata dall'uomo più ricco del pianeta attacca le nostre istituzioni, attizza l'odio e invita apertamente a sostenere gli eredi del nazismo in Germania" ha detto il leader socialista nell'evento con cui ha lanciato España en libertad. "Bisogna rafforzare la democrazia prima di tutto nel nostro Paese, essendo coraggiosi. Per approfondire diritti e libertà. Per combattere bugie e disinformazione, che sono le principali armi dei nemici della democrazia. E non dimenticare gli errori del passato". E ancora: "Siamo riusciti a mettere in moto una delle democrazie più prospere del pianeta. Nessuno venendo da così indietro è arrivato così avanti in così poco tempo come la Spagna democratica". E, anche se pare brutto ricordarlo, lo ha fatto guidata da una monarchia parlamentare e da re Juan Carlos I, un re oggi molto contestato.
Felipe VI non ha partecipato al primo atto, nonostante una certa personale inclinazione per i valori progressisti e nonostante una regina nata rossa, atea e repubblicana. La Zarzuela ha indicato problemi di agenda: nello stesso giorno era programmata a Palazzo Reale una cerimonia diplomatica impossibile da spostare. La stampa di destra ha accusato il Governo di aver impedito la partecipazione del Re, scegliendo un giorno già occupato nel suo calendario; quella di sinistra ha accusato il sovrano di avere sempre una scusa pronta per non smarcarsi da quella dittatura in cui fa nascere la restaurazione della monarchia. Ma se il ruolo di Felipe è tutto sommato marginale in questi 50 anni senza Franco, quello di re Juan Carlos è fondamentale, avendo regnato per quasi 40 anni ed essendo uno dei padri della democrazia. La sua figura oggi è imbarazzante, a causa dei suoi scandali economici, fiscali e sentimentali, così la Moncloa ha deciso di lavarsene le mani e ha lasciato la questione della sua presenza nelle mani della Casa Reale.
Su questi 50 anni che la Spagna non riesce a celebrare insieme (ma non è curioso che tra le democrazie europee nate dal fascismo solo la Germania sia riuscita, obbligata dalle potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale, a fare i conti con il proprio passato?), c'è un bell'editoriale non firmato di El País. Ne riporto le conclusioni: "Il fatto che a 50 anni dalla morte del dittatore sia impossibile una commemorazione congiunta da parte di tutti i democratici spagnoli dimostra una profonda miopia riguardo alla gravità della minaccia regressiva che l'autoritarismo rappresenta nelle società odierne. La destra, nella sua ansia, sembra decisa a non azzeccare mai i momenti storici decisivi. Proprio oggi, quando alcuni osano rivendicare quel regime dispotico, è più che mai necessario ricordare con chiarezza e precisione ciò che l'intera società spagnola ha pagato per lo sviluppo economico degli anni Sessanta e per le laceranti disuguaglianze che la rendevano profondamente ingiusta: è ciò che la democrazia ha dovuto iniziare a invertire mezzo secolo fa, dopo la morte di Franco, con un tale successo che oggi possiamo permetterci di guardare indietro senza rabbia per continuare ad affrontare il futuro. Questo lavoro appartiene a tutti noi; è un fallimento non poterlo celebrare insieme".
Tenendo le fila
Non sembra che il leader del PP Alberto Núñez Feijóo apprezzi la presenza dei ricchi latinoamericani a Madrid (vi ho raccontato qui del loro arrivo): a causa dei loro investimenti immobiliari, i prezzi delle case della capitale sono altissimi. Nessuna responsabilità per la Comunidad de Madrid, guidata dalla popolare Isabel Díaz Ayuso, anche se nel 2023 la presidenta ha favorito l'arrivo delle grandi fortune ispanoamericane con una deduzione del 20% dell’IRPEF regionale a chi investiva in immobili. E non solo, sempre il PP, questa volta il Governo centrale allora guidato da Mariano Rajoy, mise in marcia la cosiddetta golden visa, che permetteva agli stranieri di avere il permesso di residenza in Spagna in cambio dell'acquisto di case.
Il Castello di Manzanares El Real ha chiuso le porte al pubblico al termine del contratto d'affitto tra la Comunidad de Madrid e la Casa Ducale dell'Infantado. Costruito nel XV secolo, appartiene alla 57enne Duchessa dell'Infantado Almudena de Arteaga, una scrittrice di romanzi storici molto apprezzata in Spagna. La chiusura non è una sua scelta, anzi, la sua battaglia è sempre stata la divulgazione del patrimonio storico della sua famiglia. Sembra che sia una questione burocratica: il castello sorge su un terreno considerato rustico, che impedisce la concessione dei permessi della sua apertura al pubblico, pertanto bisogna aspettare i tempi la concessione di una nuova licenza d'apertura. Se visitate Madrid e dintorni, intanto, controllate la riapertura: è un castello tardo-gotico di fascino fiabesco.
Il New York Times ha inserito due località della Spagna nord-orientale tra le 52 destinazioni da non perdere nel 2025: l'aragonese stazione dei treni di Canfranc, maestosa costruzione di inizio Novecento, trasformata in parte in un lussuoso hotel, da cui partire per escursioni nelle montagne circostanti, tra sport, natura, osservazione e fotografia del paesaggio e del cielo notturno. L'altra destinazione imperdibile è il Monastero di Montserrat, uno dei posti simbolo della cultura catalana: nel 2025 celebra i suoi primi 1000 anni ed è al centro di un territorio che offre molte opportunità, tra natura, gastronomia, sport e, ovviamente, spiritualità. Se siete curiosi, nella lista del NYT c'è anche un po' d'Italia: Milano, la fascinosa ciclovia Sicily Divide, tra Trapani e Catania, e il Cammino Retico, sulle Dolomiti.
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Grazie, ho apprezzato molto. L'esercizio della memoria dovrebbe essere obbligatorio ma se ne fa sempre piu' a meno. Purtroppo.
Conosco molto poco la Spagna, ma posso con certezza dire che non è vero che la Germania, costretta dagli americani, ha "fatto i conti con il suo passato", perché, i tedeschi, hanno rimosso, cancellato, tutti i monumenti o quel che ricordava il passato nazista e post nazista. Non esiste più il Muro a Berlino, neppure un pezzetto e non hanno costruito un museo per ricordarlo. Non esiste più il check point Charlie. Inesistente. Il campo di concentramento di Dachau è incomprensibile. Esiste ancora, ma molto edulcorato. Gli abitanti di Monaco di Baviera, ne parlano con difficoltà, i giovani dicono di non sapere nulla. E in Italia? Tutti gli anni vengono celebrate le stragi compiute dai tedeschi "invasori", ma quelle compiute dall'allora esercito italiano o dai partigiani, quelle sono dimenticate. Con questo voglio solo dire che il nazifascismo sta per essere dimenticato o peggio ancora annullato, dimenticato, sotterrato.